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Cosa rischia l’Italia dopo che è stata inserita nella lista dei paesi ostili dalla Russia

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I rischi di esproprio per gli impianti delle aziende italiane a Mosca. Le difficoltà delle banche. Il problema del grano. E quello dell'energia

Anche l’Italia è stata inserita nella lista dei paesi e dei territori ostili da parte della Russia. La decisione di Vladimir Putin è una conseguenza delle sanzioni dopo la guerra in Ucraina e la lista comprende paesi e territori che hanno di fatto commesso azioni contro Mosca, le sue aziende e i suoi cittadini. Il documento è stato reso noto e pubblicato dall’agenzia di stampa ufficiale russa Tass. Ma quali ritorsioni rischia il nostro paese dalla lista? In primo luogo le autorità russe potrebbero ritirare i passaporti o i visti agli stranieri, oppure metterli sotto controllo e applicare le multe e l’arresto per chi è accusato di divulgare false notizie. Proprio per questo il ministero degli Esteri sta raccomandando agli italiani residenti di lasciare il paese.

Le sanzioni e oltre

Poi ci sono le sanzioni economiche. La prima potrebbe riguardare le aziende italiane in Russia. Che potrebbero essere pagate in rubli invece che in dollari, al contrario di quanto stabilito dai contratti. Il pagamento avverrebbe così in una valuta che ha già perso il 45% sull’euro. E la decisione della Banca Centrale russa di stampare altri rubli per evitare una crisi di liquidità non farà altro che far abbassare ancora di più il valore della valuta. Ci sono anche alcune banche italiane esposte in Russia, per un totale di 25 miliardi al 30 settembre 2021 secondo la Banca dei Regolamenti internazionali. Gli istituti di credito italiani non hanno ridotto la loro esposizione dopo la guerra in Crimea, al contrario di quello che hanno fatto tedeschi e francesi.

Poi ci sono le aziende. In molte hanno lasciato in massa il paese dopo l’inizio della guerra. E proprio oggi Russia Unita, il partito di Putin, ha proposto alla Duma di nazionalizzarle. Un discorso a parte riguarda il grano. Russia e Ucraina insieme rappresentano un quinto del commercio mondiale di grano e mais. La Russia pesa il 6% delle importazioni di grano italiane. Queste commesse rischiano di essere bloccate. E l’effetto contribuirebbe a peggiorare la decisione dell’Ungheria, che invece vale il 30% delle nostre importazioni, di fermare l’export in conseguenza della guerra.

L’energia

Infine c’è il tema più scottante: l’energia. Il Corriere della Sera scrive oggi che da giorni il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro degli Esteri Di Maio hanno avviato trattative con alcuni Stati – primi fra tutti Algeria e Qatar – per individuare strade alternative alla fornitura di gas e di energia se la Russia dovesse decidere di chiudere i rubinetti anche solo parzialmente. Al momento, spiega il quotidiano, la minaccia implicita della Russia rimane sullo sfondo: il gas naturale oggi è la prima fonte di entrate della Russia e una delle poche rimaste, con oltre 200 miliardi l’anno alle sue quotazioni attuali; e l’Europa è la prima cliente con oltre l’80% delle esportazioni russe di gas. Non ci sono abbastanza gasdotti attualmente per deviare le forniture destinate all’Europa verso la Cina, per esempio. Tagliare il gas naturale, per Putin, sarebbe l’ultimo atto di un leader ormai in preda a una visione apocalittica del proprio ruolo.

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