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Miti da sfatare. James Randi, il Geniale illusionista che lottava contro i ciarlatani

14 Marzo 2022 - 17:05 Juanne Pili
Molti i fenomeni "paranormali" sfatati dal mago che amava la scienza. I suoi insegnamenti sono stati utili anche durante la pandemia, con la storia della monetina e i vaccini "magnetici"

La scomparsa di James Randi il 20 ottobre 2020 ha lasciato un vuoto incolmabile. Il celebre illusionista americano di origine canadese, aveva messo a disposizione della Scienza le sue competenze per smascherare chi usava le tecniche del mentalismo e della prestidigitazione per sostenere in Tv di avere delle reali facoltà paranormali. Le sue imprese ispirarono in Italia Piero Angela, che sul finire degli anni ’80 avrebbe fondato il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale. Oggi la «p» in fondo alla sigla sta per “pseudoscienze”).

Allora la disinformazione in campo scientifico era quasi esclusivamente monopolizzata dal paranormale e da personaggi che sembravano possedere facoltà inspiegabili, come l’israeliano Uri Geller, celebre per la sua «capacità» di piegare i cucchiai. Randi fu decisivo nell’abbattere la sua popolarità negli Stati Uniti, ripetendo i suoi stessi numeri e quando possibile sabotandolo, dando istruzioni a presentatori televisivi come Johnny Carson, al fine di impedire che i suoi trucchi venissero attuati.

Avevamo parlato della lunga lotta di Randi contro i ciarlatani in una precedente intervista, con Massimo Polidoro, oggi segretario del Cicap. Quando Geller faceva ancora credere in tutto il Mondo di avere straordinarie facoltà paranormali, Polidoro era un ragazzino di 18 anni a cui venne data un’opportunità gigantesca: quella di seguire per un anno il lavoro di Randi, vivendoci assieme nella sua casa in Florida, come suo allievo, grazie a una borsa messa a disposizione da Angela. Polidoro ha raccontato la sua esperienza affianco a Randi nel suo ultimo libro: Geniale (Feltrinelli), dove espone le 13 principali lezioni che ha imparato da lui, accompagnandolo per il resto della sua carriera di divulgatore e giornalista.

https://youtu.be/bELcj8vyzog

Dal paranormale alle frodi scientifiche

Molti personaggi di allora oggi non fanno più presa nell’opinione pubblica. Ma certe cose sembrano essere rimaste. L’anno scorso vennero diffusi in rete i primi filmati di persone a cui rimaneva attaccata una moneta nel braccio, dopo l’iniezione del vaccino Covid. Ricordano molto quelle persone che sostenendo di essere «magnetiche» si esibivano con vari oggetti metallici addosso. Ma bastava cospargerli di borotalco per rivelare che il loro super-potere era sudore.

«Ci sono tanti casi come quello – continua Polidoro -, nel libro non parlo in particolare dei “vaccini magnetici”, ma la mentalità che sta dietro è molto simile. Randi queste cose le fiutava. È bella la vicenda della memoria dell’acqua, di Jacques Benveniste. Avrebbe dato credibilità all’omeopatia se fosse stato confermato che l’acqua ricorda le sostanze con cui viene a contatto».

Stiamo parlando del Benveniste affair, scoppiato a seguito di uno studio apparso su Nature nel 1988, che avrebbe suggerito la memoria dell’acqua. «In quel caso indagarono anche il direttore di Nature John Maddox e l’esperto di frodi scientifiche Walter Steward. Ma alla fine, a capire che c’era qualcuno in quel laboratorio che falsificava i dati era stato Randi. Perché aveva piazzato una serie di trappole per scovare durante la ripetizione dell’esperimento un eventuale ingannatore, che alla fine venne scoperto, e la vicenda si spense».

Il potere dell’autoinganno

Spesso però non è un problema alimentato solo dai ciarlatani. Tanti si auto-ingannano e si convincono sinceramente di avere delle facoltà straordinarie. Quando Randi aveva messo in palio un cospicuo premio con la sua Fondazione, in tanti si presentavano convinti di poterlo ritirare. Alla fine non ce la fece mai nessuno. «Questa è un’esperienza che ho fatto anch’io, perché il premio di Randi in qualche modo attirava persone sinceramente convinte di avere delle facoltà paranormali. In Italia eravamo noi del Cicap a fare i test preliminari. Ovviamente nessuno li ha mai superati».

«In questo modo ricevevamo tante persone convinte dei propri poteri, semplicemente perché non capivano come verificarlo. Non avevano mai fatto un esperimento in doppio cieco. Tanti si sentivano gratificati nel credere di avere qualcosa di speciale. Una volta fatti gli esperimenti, vedendo che non c’era nulla di straordinario, era veramente difficile per loro accettarlo. Avevano invece mille scuse: magari quel giorno non si sentivano in forma, oppure c’erano delle “vibrazioni negative”. Tutto comprensibile dal punto di vista umano».

Come si diventa ingannatori

Forse in alcuni scatta anche un desiderio di rivalsa. Nel tuo libro parli per esempio del triste caso di Song Chai (James Hydrick), il quale sosteneva di avere poteri telecinetici. Solitamente gli veniva posto un libro davanti e lui faceva scorrere le pagine a distanza. Randi non ci mise molto a capire che riusciva a soffiare sulle pagine senza che nessuno se ne accorgesse, e smontò il suo trucco durante la trasmissione That’s my line. Quel che si è scoperto poco dopo, a seguito di una indagine del prestigiatore Danny Korem, è che Hydrick non aveva avuto una vita facile. Picchiato e molestato dai genitori, venne abbandonato da questi in un ospedale psichiatrico. Randi tentò di aiutarlo prima che precipitasse nel baratro della criminalità, inutilmente. In seguito lo stesso Hydrick verrà accusato di molestie. Tutt’oggi è internato in un ospedale psichiatrico.

«Sì è una storia molto triste. Spiega come molto spesso anche dietro un ingannatore ci sono delle vicende tristi. Nel suo caso è parecchio drammatica, e lo ha portato a diventare lui stesso un criminale. Ma l’approccio di Randi non era semplicemente quello di considerarli tutti dei cialtroni. Alcuni lo erano davvero, come quei guaritori carismatici che promettevano di curare le malattie. Con quelli Randi si infuriava. Ma per altri, come Hydrick, non si trattava di approfittarsi delle debolezze altrui, quanto di emergere dalla brutta vita che aveva fatto fino a quel momento».

La lotta contro le ingiustizie

Randi era effettivamente una persona che se la prendeva principalmente con le ingiustizie. Per esempio, quando cominciò a esibirsi negli Stati Uniti si scontrò spesso contro la segregazione razziale. Imponeva proprio nei contratti che non vi fossero differenze tra bianchi e neri durante le sue esibizioni. «Era la fine degli anni ’50 e Randi veniva dal Canada, non aveva quel genere di abitudini. Quando si è trovato di fronte alla segregazione dei neri negli Stati del Sud, ha fatto quel che qualunque persona oggi farebbe. Ma farlo negli anni ’50, col rischio di prendersi delle botte, e anche peggio come succedeva a certi attivisti, non era scontato».

Senza contare che Randi era omosessuale, in un Mondo dove fino a poco tempo fa era molto rischioso – specialmente per un personaggio pubblico -, rivelarlo a tutti. «Finché non era ormai anziano non aveva mai rivelato pubblicamente la sua omosessualità. Chi lo conosceva lo sapeva, senza che questo li scandalizzasse. Chi voleva denigrarlo aveva creato false prove sul suo conto, per ricattarlo e farlo smettere di indagare su certi personaggi. Volevano farlo passare per una sorta di molestatore, che si approfittava dei ragazzi, quando lui era uno di quelli che si impegnava tanto per aiutarli».

«Tali accuse non sono arrivate da nessuna parte e questa gentaglia alla fine ha avuto quel che si meritava. Ricatti e minacce ce ne sono state tante, per non parlare dei processi che hanno voluto fare contro di lui per farlo smettere, come nel caso di Geller. Randi rovinava il mercato di queste persone». In Italia almeno abbiamo il diritto di cronaca che dovrebbe proteggere un minimo almeno i giornalisti. «Invece in quel caso Randi si trovò a dover spendere centinaia di migliaia di dollari, quelli ricevuti con il premio della Fondazione MacArthur, per difendersi in tribunale, senza la possibilità di rivederli indietro, nonostante avesse avuto ragione lui».

L’inconsapevole stoicismo di James Randi

Il tuo libro è pieno di riferimenti alla psicologia e alla filosofia. In particolare ti rifai spesso allo stoicismo. Quindi il messaggio grosso modo è quello di spendere la propria vita coltivando le proprie passioni, senza cercare il fine del successo, ma facendo ogni giorno il proprio dovere, migliorando là dove è nostro potere farlo, senza prendersela ogni volta con gli ostacoli che la vita ci pone davanti. In quest’ottica personaggi come Geller o Hydrick sono due esempi di cosa non fare. Sono concetti che hai imparato direttamente da Randi?

«Non ne parlava esplicitamente. Non ricordo occasioni in cui ci siamo messi a parlare di filosofia stoica. Crescendo e scoprendola meglio, grazie a un amico ch’è il filosofo Massimo Pigliucci (probabilmente massimo esperto di stoicismo oggi), mi sono reso conto di come tanti aspetti dello stoicismo attraversassero anche la mentalità di Randi. Tutte cose che sono entrate anche nel mio modo di ragionare e di pensare».

Potremmo dire che invece tanti guru in cerca di successo attraverso teorie di complotto o cure alternative, e tanti seguaci di queste tesi, abbiano un approccio diametralmente opposto allo stoicismo. Cercano una consolazione e si fabbricano una forma di rivalsa da un Mondo che subiscono. Lo si intuisce spesso nel livore di molti commenti arrabbiati, quando sono messi di fronte alle evidenze scientifiche.

«È vero, troviamo questo tratto in tante persone che in qualche modo trovano in queste credenze una consolazione. Per forza che non ce la fanno: “perché è tutto un complotto ai miei danni”; “ce l’hanno con me”; “il Mondo complotta alle mie spalle”. La filosofia stoica potrebbe aiutare, ma richiede uno sforzo da parte tua, senza aspettare che tutto ti caschi in grembo».

Insomma, nella vita come nella Scienza non bisogna arrendersi alle prime difficoltà o alle prime spiegazioni superficiali che ci propinano. E mentre cerchiamo, non si sa mai quali occasioni potrebbero presentarsi lungo la strada. «Questo è il messaggio del libro, che spero arrivi anche ai ragazzi. È un incoraggiamento a darsi da fare. E, a giudicare dai messaggi di molte ragazze e ragazzi che sto ricevendo, sembra proprio che il messaggio sia arrivato».

Un giovanissimo Massimo Polidoro affianco al maestro James Randi, nel 1992.

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