«Nazista? No: vi spiego perché il modello di Putin è l’Italia fascista di Mussolini»
Il modello di Vladimir Putin non è Adolf Hitler ma bensì Benito Mussolini. Lo spiega oggi sul Sole 24 Ore l’economista Vladislav Inozemtsev, direttore del Centro Ricerche sulle Società Post-industriali con sede a Mosca. Inozemtsev spiega che il primo pilastro del fascismo russo è l’esaltazione dell’irredentismo e della militarizzazione: «Nella Russia putiniana le celebrazioni della Giornata della Vittoria sul nazismo hanno surclassato tutte le altre relative agli eventi storici dell’Unione Sovietica. Il culto di un passato glorioso ha fornito la giustificazione migliore per il riarmo. Nello stesso tempo, Putin ha alimentato il sentimento antioccidentale presentando la fine della Guerra Fredda come prodotto di complotto e tradimento, causa del crollo e della scomparsa dell’Urss». Il secondo pilastro è la statalizzazione dell’economia. La gran parte delle grandi imprese in Russia è ormai gestita da burocrati alle dipendenze di Putin, secondo un’organizzazione corporativa che ricorda quella italiana durante il Ventennio. Il terzo pilastro sono le “agenzie di controllo”, che servono allo Zar insieme alle armate paramilitari per essere sul territorio.
Il fascismo di Putin nasce all’inizio degli anni 2000, quando ebbe a definire il tramonto dell’impero sovietico la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo. Si è poi intensificato nel tempo con l’aggressione alla Georgia e l’annessione della Crimea. Durante tutti questi anni, noti e ingenui studiosi occidentali hanno descritto la Russia come un “Paese normale”, sforzandosi di comprendere meglio e in modo più approfondito questa forma di “democrazia sovranista”. Oggi la questione del fascismo russo ha smesso di essere soltanto di interesse teorico.
Per questo, conclude l’economista, la guerra in Ucraina può essere paragonata con l’avanzata dei regimi fascisti in Europa durante la guerra civile spagnola. Dopo, è arrivata la seconda guerra mondiale.
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