Quali armi ha dato l’Italia all’Ucraina? L’esperto: «Sono vecchie di anni ma ancora efficaci»
Il giornalista Gianandrea Gaiani, ex corrispondente di guerra e dal 2000 direttore della rivista specializzata Analisi Difesa, in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano oggi fa il punto sulle armi che l’Italia ha mandato all’Ucraina. E spiega che anche se in qualche caso si tratta di strumenti vecchi, questo non significa che non siano efficaci. Anche perché pure la Russia usa armi obsolete. «I lanciatori Stinger sono armi portatili, efficaci contro aerei e elicotteri a bassa quota. I Milan invece sono missili anticarro, che l’Esercito italiano ora sta sostituendo con gli Spike, tecnologicamente più avanzati. Le MG e le Browning sono armi molto efficaci che derivano da mitragliatrici tedesche e americane della seconda guerra mondiale. L’Esercito sta sostituendo le MG con armi nuove di calibro 5,56, più piccolo. Gli M-72 Law invece sono lanciarazzi portatili anticarro. Sono tutte armi che l’Italia possiede in “surplus”, di cui ampie quantità si trovano da anni nei magazzini».
Per Gaiani l’unico dubbio circa l’impiego delle armi in Ucraina è legato alle munizioni: «Browning e le MG sono armi occidentali e consumano molte munizioni di tipo diverso da quelle prodotte in Ucraina la cui industria realizza armi e munizioni di calibri “sovietici”. Per questo alle mitragliatrici che doniamo agli ucraini andranno abbinati milioni di proiettili. Inoltre alcune delle armi consegnate sono impegnative e devono essere utilizzate da militari addestrati».
I russi, secondo l’esperto, stanno avanzando lentamente per ridurre al minimo le perdite: «Le armi fornite dai Paesi Nato hanno l’obiettivo di aumentare il prezzo di sangue che la Russia deve pagare perché i caduti potrebbero avere un impatto sull’opinione pubblica russa e quindi influenzare la leadership di Putin. Quella che si sta combattendo è una guerra convenzionale con ampio impiego di mezzi pesanti e un grande numero di soldati, ma di intensità ancora limitata. I russi stanno prendendo il controllo di tutte le zone esterne dell’Ucraina per creare le condizioni sul campo di battaglia in modo da negoziare da una posizione di forza. Da qui l’accerchiamento di Kiev».
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