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Il mistero della missione russa e dell’accordo tra Conte e Putin: «Mosca voleva entrare negli uffici pubblici»

giuseppe conte vladimir putin
giuseppe conte vladimir putin
Le strane richieste nella riunione riservata con il Cts e i militari italiani. La difesa di Conte: «L'intelligence ha confermato: nessuna attività impropria»

La delegazione russa arrivata in Italia dopo l’accordo tra Giuseppe Conte e Vladimir Putin voleva «entrare negli edifici pubblici e sanare il territorio». Questa è la richiesta fatta il 22 marzo 2020, quando l’Italia chiese aiuto alla Russia per l’emergenza Coronavirus. Se ne parlò in una riunione riservata alla quale parteciparono i vertici militari di Mosca e quelli italiani del Comando Interforze insieme ad esponenti del Comitato Tecnico Scientifico che collaborava con il governo. E alla fine, fa sapere oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, tra le due delegazioni si arrivò allo scontro. Dello scontro si sa relativamente poco. Ma alla fine i russi eseguirono comunque una serie di interventi in ospedali e Rsa.

Questa è comunque la missione per la quale il funzionario del ministero degli Esteri russo Alexei Paramonov aveva minacciato di “conseguenze irreversibili” l’Italia e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. All’epoca all’aeroporto di Pratica di Mare erano atterrati tredici quadrireattori Ilyushin decollati da Mosca. Ad attenderli c’era il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. C’erano solo 28 tra medici e infermieri nella lista di 104 nomi che arrivano dalla Russia. Li guidava un generale: Sergey Kikot. Ovvero il vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica e biologica dell’esercito russo. Per l’Italia invece erano presenti alla riunione il generale Luciano Portolano, all’epoca comandante del Comando Operativo Interforze (Coi) e Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano del Cts.

La richiesta di pianificare le attività russe arrivò da Palazzo Chigi. «Vogliamo sanificare l’intero territorio italiano entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi a rischio», sostenne all’epoca Kikot. Gli italiani risposero che gli unici interventi di sanificazione necessari erano quelli nelle Rsa. E Miozzo, parlando con il Corriere, ricorda che «l’esordio di Kikot fu particolarmente intrusivo, ruvido. Parlava come se dovessero bonificare Chernobyl dopo l’esplosione nucleare. Ci disse che gli accordi di alto livello prevedevano sanificazioni su tutto il territorio e disse che loro intendevano sanificare tutti gli edifici, compresi quelli pubblici. Il colloquio fu interrotto varie volte ma con Portolano decidemmo di non accettare alcuna offerta di quel tipo. La riunione terminò con l’autorizzazione a entrare soltanto in alcune strutture sanitarie. In seguito ci fu confermato che avevano sanificato molte strade».

I russi in Lombardia

Successivamente i russi arrivarono in Lombardia e lì rimasero per due mesi, collaborando con le strutture sanitarie e avendo libero accesso ai reparti. Alla polemica con il Cts e il Coi si riferiva forse ieri il deputato del Partito Democratico Enrico Borghi quando ha parlato di uno scontro con il ministro della Difesa Guerini che voleva mettere in sicurezza le infrastrutture strategiche italiane. Qualche mese dopo il New Yorker rivelò che il Dna di un cittadino russo che si era ammalato in Italia era stato usato per elaborare il vaccino Sputnik V. Da ieri intanto il ministero degli Esteri lavora sul problema delle onorificenze da ritirare. Le onorificenze riconosciute dall’Italia a Paramonov sono due: un Cavalierato al merito (OMRI – 2018) e un riconoscimento dell’Ordine della Stella d’Italia (Osi), onorificenza questa in capo alla Farnesina, risalente al 2020.

E ieri il leader M5s Giuseppe Conte intervistato da Corriere.it ha detto la sua sulla missione ‘Dalla Russia con amore’ nei primi mesi di pandemia. «n quei giorni di massima emergenza dovuta alla pandemia ebbi colloqui con i leader di tutto il mondo che mi cercarono per manifestare solidarietà per quello che stava accadendo in Italia e per aiutarci. Tra questi anche Putin che si offrì di mandare personale specializzato. Mi disse che loro avevano maturato grande esperienza su come affrontare le pandemia perché avevano avuto la Sars. Noi eravamo in grandissima difficoltà. Non avevamo mascherine, non avevamo ventilatori. I nostri esperti non avevano neppure un protocollo di azione e non avevamo neppure sequenziato il virus. Ogni aiuto era ben accetto».

Ma, ha sottolineato il leader M5s, «i direttori delle agenzie di intelligence Aise e Aisi hanno assicurato che non c’è mai stata attività impropria che ha travalicato dai confini sanitari. Lo hanno riferito anche di fronte al Copasir specificando che l’attività dei russi si è svolta nei limiti e nelle forme che sono poi state concordate con le autorità sanitarie. Per questo le insinuazioni, i dubbi e le perplessità mi sembrano assolutamente fuori luogo». In ultimo, ha sostenuto Conte, l’onorificenza era una proposta del ministero degli Esteri.

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