Stiamo sprecando le pillole anti-Covid? No, le prescriviamo solo a chi ne ha davvero bisogno
Il professor Francesco Broccolo dell’Università Bicocca di Milano e direttore scientifico del gruppo Cerbahealthcare Italia, ha recentemente rilasciato un’intervista su Libero, dove sostiene che le pillole antivirali Paxlovid di Pfizer e Molnupiravir di Merck, per quanto efficaci se somministrate entro 72 ore al costo di 700 dollari per ciclo, andrebbero perse «a causa della burocrazia». Per maggiori informazioni sull’utilizzo di queste prime pillole contro il nuovo Coronavirus potete leggere qui un nostro approfondimento.
Oggi un semplice medico di base non può prescriverli a un suo paziente – continua Broccolo -, neanche se questo si presenta all’ambulatorio con la febbre alta e un tampone positivo in mano.
Ma è davvero un problema meramente burocratico? Non è la prima volta che Broccolo ha suscitato polemiche nei Media, come quando aveva fatto affermazioni controverse – da cui il suo stesso Ateneo aveva preso le distanze -, sulla supposta superiorità dell’immunità naturale rispetto a quella suscitata dai vaccini.
La burocrazia non c’entra: gli antivirali non sono aspirine
Quel che afferma Broccolo può risultare vero in alcune realtà, non ovunque. L’Aifa prevede l’autorizzazione di quei farmaci in modo condizionato. Quindi è prevista una procedura di prescrizione e rendicontazione particolare. I prescrittori identificati dai vari centri sanitari si devono loggare sul sito dell’Agenzia del farmaco, fare lì la prescrizione e dopo il caregiver del paziente si reca alla distribuzione più vicina per recuperare il farmaco. A Modena per esempio prescrivono sia gli infettivologi del Policlinico sia quelli dell’Usl, con una linea telefonica dedicata ai medici di base, si discute il caso e si fa la prescrizione.
Non è una questione burocratica. Sono farmaci che hanno delle indicazioni ben precise. Pertanto Aifa ha stabilito che solo medici esperti nell’utilizzo di farmaci antivirali, come gli infettivologi, possono prescriverli. I medici di base no, così come non prescrivono i farmaci contro l’Aids.
Un problema di costi e benefici
Ricordiamo che non si tratta di caramelle. Possono avere degli effetti collaterali e non ne abbiamo una disponibilità infinita. Per tanto vanno prescritti ai primi sintomi (entro 3/5 giorni) in persone dal comprovato rischio di avere un decorso grave della Covid-19. Il rischio è stratificato in base all’età alle comorbidità e al fatto di essere o meno vaccinati: è più facile prescrivere questi farmaci a chi non ha ricevuto il vaccino, in quanto anche questo è un fattore di rischio importante.
In questo senso può essere considerata l’unica vera cura domiciliare: il paziente prende il farmaco e sta a casa, riducendo così il rischio di progressione verso le forme gravi di Covid-19 e l’eventuale ospedalizzazione. Le interazioni con gli altri farmaci e i potenziali eventi avversi portano a condizionare la prescrizione sulla base di un calcolo costi-benefici (anche riguardo alla spesa che comporta per il Sistema sanitario) ben diverso da quello che abbiamo per i vaccini Covid. Ragione per cui la prescrizione non può essere appannaggio di qualsiasi medico di base.
L’Agenzia del farmaco ha anche dato la possibilità ai Dipartimenti di cure primarie (che si occupano anche del coordinamento dei medici di base), di trovare dei prescrittori. Potete approfondire nella pagina dedicata di Aifa, con tutta la documentazione relativa all’uso degli antivirali per la Covid-19.
Foto di copertina: EPA/PFIZER INC. HANDOUT — MANDATORY CREDIT– HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES | An undated handout photo made available by Pfizer Inc. shows Paxlovid, a Pfizer’s coronavirus disease (COVID-19) pill, being manufactured in Acoli, Italy (issued 15 December 2021).
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