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Soldati e spese militari: cosa vuole fare Draghi con l’Ucraina dopo la promessa a Zelensky

23 Marzo 2022 - 09:38 Fabio Giuffrida
Il premier tira dritto nonostante le tensioni nella maggioranza. Il primo obiettivo sono i nuovi finanziamenti alla Difesa nel Def

Il presidente ucraino Zelensky – nel discorso di ieri 22 marzo davanti al Parlamento italiano – non ha mai citato direttamente né Putin né la Resistenza italiana, ma ha chiesto più pressioni, più fatti e meno parole, più sanzioni per fermare la sanguinosa guerra che ha già ucciso centinaia di bambini. A parlare di “resistenza” è stato, invece, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi che si è soffermato sulla resistenza degli ucraini. «L’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea», ha detto il premier sostenendo, tra l’altro, di essere pronto ad inviare, laddove necessario, altri aiuti, anche militari.

La richiesta da Kiev

L’Italia, infatti, come scrive Repubblica, ha già ricevuto una richiesta informale di assistenza da parte di Kiev. Da qui l’idea di nuove spedizioni, di armi anticarro e antiaeree ma non è escluso l’invio sul fronte sud-est europeo di militari italiani. Si parla di 250-500 soldati in Bulgaria per rafforzare l’azione di deterrenza della Nato. Chiuso l’accordo, invece, per l’invio di 250 uomini in Ungheria. Una mossa di questo tipo, però, rischierebbe di mettere in difficoltà il governo: da una parte ci sono i filo-russi, dall’altra i contrari all’invio delle armi. Sul fronte dei migranti – considerando la fuga dall’Ucraina, ancora assediata dai russi – Draghi sa già cosa proporre Bruxelles. E lo ha anticipato oggi 23 marzo in Parlamento. Il premier punta a un fondo comune europeo per l’accoglienza dei rifugiati ucraini. Ha chiesto un «coordinamento europeo» e un «impegno finanziario adeguato» per i migranti. Invece, sul fronte del gas, il nostro Paese continua a essere dipendente dalla Russia e, dunque, Draghi sa bene che ogni mossa andrà studiata bene per evitare pesantissime ricadute sul Paese. Il premier, infatti, potrebbe proporre all’Ue la necessità di acquisti e stoccaggi comuni di gas: «Siamo impegnati a diversificare le fonti di approvvigionamento per superare in tempi molto rapidi la nostra dipendenza dalla Russia», ha detto.

L’idea di Draghi che rischia di spaccare il governo

Ma è sulle spese militari che la maggioranza rischia di spaccarsi. Draghi è convinto che bisogna aumentarle ma dal M5s e dalla Lega arrivano strani segnali. Ieri, ad esempio, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che «le armi non sono mai la soluzione» ma la Lega ha votato a favore di «quei provvedimenti con cui si è deciso di sostenere la resistenza del popolo ucraino», ha fatto notare il segretario del Pd Enrico Letta. Nel Movimento Cinque Stelle (che dice sì all’invio di armi ma no a nuovi stanziamenti per la Difesa) la situazione sembra essere tesa, tesissima, con Vito Petrocelli, presidente M5s della Commissione Esteri (dunque con un ruolo importantissimo in Parlamento), che ha invitato il Movimento a «ritirare i ministri e sottosegretari dal governo» dal momento che – sostiene – la decisione di inviare armi all’Ucraina ha reso «l’Italia un Paese co-belligerante». E tutti lo hanno attaccato, Giuseppe Conte in primis. Ora Petrocelli rischia l’espulsione dal M5s.

Intanto – mentre il decreto Ucraina approda al Senato – spunta un odg grillino, pronto a essere depositato a Palazzo Madama, che ribadisce sì la necessità di adeguare le risorse per gli armamenti ma non prima di aver affrontato temi importantissimi per il Paese, come appunto il caro energia, tanto caro al leader del Movimento. Conte è convinto che il premier non voglia dare più risorse a mezzi e organici delle forze militari e, invece, secondo La Stampa, non sarebbe affatto così. Draghi – ed è questa la notizia più importante – sarebbe favorevole a dare una prima indicazione sulla necessità di nuovi finanziamenti già nel Def, il documento di economia e finanza, pronto entro il 31 marzo. Insomma una vera e propria accelerazione. C’è fretta. L’aumento progressivo delle spese militari resta, dunque, un obiettivo che il presidente del Consiglio vuole rispettare ma non sarà semplice sia per l’asse antimilitarista che rischia di spaccare il governo.

Adesso bisognerà capire anche cosa chiederà Joe Biden al vertice Nato e poi al Consiglio europeo del 24 e 25 marzo. Gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare gli ucraini, questo ormai sembra essere chiaro. Ma l’Unione europea teme un‘escalation incontrollata, una guerra dentro l’Europa. E per questo va cauta. Per l’Italia, poi, c’è un grosso problema, come scrive La Stampa: l’invio di armi agli ucraini ha un costo, nel senso che le munizioni a disposizione del nostro esercito potrebbero bastare per un mese di guerra qualora l’Italia dovesse parteciparvi direttamente in qualità di partner Nato. Senza considerare poi i carri armati consumati dagli anni. Ma qualche risposta potrebbe arrivare già giovedì: a Bruxelles vertice Nato, uno del G7 e un Consiglio europeo.

Si parlerà non solo delle sanzioni ai russi ma anche del futuro energetico dell’Europa e della nostra difesa. «Vogliamo organizzare tregue umanitarie per evacuazioni e portare beni di prima necessità. La nostra volontà di pace si scontra, però, con quella di Putin che non mostra interesse a procedere a una tregua. Il suo disegno è quello di guadagnare terreno dal punto di vista militare. Lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà davvero Mosca. Non vogliamo però alimentare uno scontro di civiltà» ha detto oggi alla Camera il premier Draghi. Al Consiglio europeo verrà portata anche la posizione dell’Italia, al fianco dell’Ucraina nel processo di adesione all’Ue. Verrà chiesto sostegno economico ai Paesi che accoglieranno i profughi ucraini – Italia in primis – e un intervento deciso per controllare, a livello europeo, i prezzi dell’energia. Alla Cina, invece, verrà chiesto di astenersi dal supportare Mosca.

Foto in copertina di: ANSA/EPA/KENZO TRIBOUILLARD

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