«Vi spiego perché noi del battaglione Azov veniamo chiamati nazisti, ma siamo solo nazionalisti ucraini»
Dmytro Kuharchuck, 31 anni, ex politico e veterano del Donbass, è il comandante del secondo battaglione del Reggimento Azov presente a Kiev. Oggi rilascia un’intervista a Repubblica per difendersi dall’accusa di “nazismo” che gli arriva dalla Russia. «Le accuse? C’è una ragione. L’Azov ha sempre detto che l’Ucraina si doveva preparare alla grande guerra contro la Russia, perché prima o poi ci avrebbe attaccato. I nostri politici però non ci credevano, la nostra posizione per loro era sconveniente. Ecco perché ci hanno affibbiato l’immagine di estremisti nazisti». Per Kuharchuck le foto con le svastiche del battaglione Azov non significano molto: «Gente del genere si trova anche nella polizia, nella Guardia nazionale e in diversi gruppi sociali. Noi ne avevamo una piccola percentuale, ora non più. Il nazismo è lontanissimo da me. La nostra posizione ufficiale, come Azov, è un’altra: siamo nazionalisti ucraini», sostiene con l’inviato del quotidiano Fabio Tonacci. Al quale poi spiega da quali nazionalità è composto il battaglione: «Abbiamo anche russi, bielorussi, georgiani, croati, americani, inglesi, francesi. A Mariupol, nel 2014, avevamo un italiano. Nessuno di noi è pagato, siamo volontari». Le armi le fornisce «la difesa territoriale di Kiev, quindi il sindaco Klytschko». E tra loro ci sono anche russi: «Anni fa a Mariupol erano 50. Non combattono solo per l’Ucraina, ma per il concetto più ampio di libertà: la Russia è la negazione della libertà, l’Ucraina, invece, ne è il sinonimo».
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