M5s al voto sulla leadership: la sfida di Conte, tra divisioni interne e tensioni con Draghi sulle spese militari
Tra oggi e domani Giuseppe Conte affronterà una nuova votazione per tornare ad essere, anche ufficialmente, leader del Movimento. Scelta obbligata, dopo che il tribunale di Napoli ha congelato i risultati della scorsa elezione e lo statuto del Movimento. Orfani di Rousseau, gli iscritti voteranno sulla piattaforma Skyvote su un quesito che serve a validare tutto il lavoro fatto negli ultimi mesi: «Sei favorevole alla elezione del prof. Giuseppe Conte, indicato dal Garante, quale Presidente del Movimento 5 Stelle, anche in ripetizione della deliberazione adottata in date 5/6 agosto 2021, al fine della conferma/convalida della delibera stessa nonché dell’attività svolta?». Conte ha spiegato che se la vittoria su questo voto fosse risicata potrebbe anche pensare di lasciare l’incarico: «Non mi interessa prendere il 50,1 per cento dei voti. Anzi, lo dico sinceramente che se il risultato fosse così risicato sarei il primo a fare un passo indietro». «Il M5s non pensa assolutamente in questo momento a crisi di governo come hanno titolato alcuni giornali», ha detto l’ex premier ospite a Mezz’ora in più, su Rai 3. «Ma siamo la forza di maggioranza relativa: se si tratta di discutere un nuovo indirizzo che non era nel patto fondativo di questo governo, faremo valere la nostra presenza e la forza delle nostre argomentazioni. Il governo ci deve ascoltare, non può forzare».
Le spese militari
Prima del nuovo voto sulla sua leadership, Conte ha diffuso un discorso in cui è tornato a marcare la sua linea contro l’aumento delle spese militari. «Siamo pronti a dare battaglia sul Def. Se mi votate, sarò il presidente che dice no a un aumento massiccio delle spese militari dello Stato, soprattutto in un momento del genere». Le conseguenze di questa scelta potrebbero essere drastiche, a partire dal ritiro dei ministri del Movimento dalla maggioranza di governo: «Io sono disposto a correre il rischio di avere tutti contro se questo basta a fare gli interessi dell’Italia». L’obiettivo annunciato dal primo ministro Mario Draghi è quello di aumentare le spese militari al 2 per cento del Pil. È da tempo che si discute di questa soglia, secondo Draghi oltre a questo aumento sarebbe necessario anche un coordinamento maggiore con il resto dell’Unione europea: «La risposta non può che essere europea, perché gli investimenti sono significativi. Sono investimenti impensabili se dovessero gravare solo dai bilanci nazionale».
Le correnti interne
Oltre alle spese militari, Conte ha tirato le redini del Movimento anche sulle correnti. L’ex premier ha ammesso che la sua riforma del movimento ha incontrato delle resistenze: «Questo ha offerto al nostro esterno l’immagine di un M5s diviso, litigioso, contraddittorio invece di un M5s che rema tutto unito nella stessa direzione. Ora però non possiamo più permetterci questa debolezza. Le sfide che ci attendono, ci impongono di essere uniti e compatti. Io non posso accettare che ci sia chi rema contro le nostre battaglie e la nostra azione politica». Per cercare i destinatari di queste parole non bisogna guardare troppo lontano. Fra le prese di distanze registrate in questi mesi rispetto alla linea contiana c’è anche quella del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L’ex capo politico del M5s ha espresso un giudizio molto chiaro sulle ultime posizioni prese da Conte: «Non volere l’aumento delle spese militari ora è una posizione inaccettabile. Il M5s è una forza di governo che deve saper rispettare gli impegni, in linea con la sua collocazione. Che per me è chiara».
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