Il giornalista sequestrato dall’esercito russo: «Torturato e minacciato per otto giorni, volevano farmi tradire»
Il giornalista Oleh Baturyn è stato sequestrato, picchiato e minacciato di morte per otto giorni dai soldati della Russia. «In tutto quel tempo», racconta a Repubblica, «mi hanno dato raramente da mangiare o da bere, dormivo su una branda dura come la pietra, faceva un freddo pungente e non mi sono mai potuto lavare». È stato liberato il 20 marzo. Baturyn, racconta nel colloquio con Tonia Mastrobuoni, era stato sequestrato a Kharkova, nel sud dell’Ucraina, dopo aver abboccato a un falso appuntamento: «Appena arrivai lì notai subito uno strano minivan con targa ucraina. Poco dopo, cinque uomini scesero dal minivan e cominciarono a picchiarmi selvaggiamente. Mi buttarono a terra, mi schiacciarono la faccia sull’asfalto. Mi chiesero dove avessi il cellulare e i documenti e poi ripresero a pestarmi, infuriati che non li avessi con me».
Subito dopo il sacco in testa e lo spostamento: «Quando il minivan si fermò, mi legarono le braccia dietro alla schiena. Volevano sapere i nomi dei giornalisti, degli attivisti pro-ucraini, i luoghi dove ci incontravamo, le identità vere dietro ad alcuni indirizzi Telegram, gli indirizzi di casa». Lui non ha detto una parola. È rimasto legato a un termosifone per una notte intera. Poi le minacce : «Ogni tanto entravano e mi chiedevano qualcosa. Nessuno mi diceva nulla sul mio destino». All’ottavo giorno, senza alcuna spiegazione, lo hanno rilasciato. Per Oleh è chiaro che «i russi rapiscono i giornalisti per terrorizzarli, per costringerli a fare i delatori, a chinare la testa all’occupante. Per quanto mi riguarda, non succederà mai».
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