Veneto, l’attacco a Salvini del leghista filo-Putin Zoccatelli: «È un rinnegato, lasciamolo perdere»
«Lasciamo perdere Salvini. È un rinnegato! Dalla maglietta di Vladimir Putin in Piazza Rossa all’atlantismo di circostanza. Ma si può?». A parlare è Palmarino Zoccatelli, presidente dell’associazione Veneto-Russia, riportato da Il Foglio. Zoccatelli – che è un leghista ma che non vuole dire se è iscritto al Carroccio («Non chiedetemelo, perché non ve lo dico») – è un tradizionalista cattolico, un indipendentista veneto e da due anni è responsabile dell’ufficio territoriale veronese della Repubblica Popolare di Donetsk. «In Italia l’apologia al fascismo è reato, e poi mandiamo armi ai neonazisti ucraini?», dice utilizzando la retorica putiniana sull’invasione dell’Ucraina. L’associazione difende il secessionismo del Donbass da due anni prima dell’operazione di Putin, che ha firmato il decreto di riconoscimento solo il 21 febbraio scorso (tre giorni prima dell’invasione). Zoccatelli ha criticato il cambio di rotta di Salvini, che ha pubblicamente condannato la guerra in Ucraina. Il voltafaccia era stato evidenziato (seppur con intenti opposti) anche dal sindaco di Przemysl, in Polonia, dove il segretario leghista era andato per supportare la popolazione ucraina. In quell’occasione, il primo cittadino Wojciech Bakun aveva srotolato davanti a Salvini una maglietta con il volto di Putin e la scritta «Esercito russo», la stessa che l’ex vicepremier aveva indossato nel 2015 durante la sua visita a Mosca. Per Zoccatelli, l’Italia è oggi una roccaforte zarista in feudo americano. Una certa anima filorussa del Veneto indipendentista era già emersa nel 2016, quando il consigliere Valdegamberi e il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti (l’uno Lista Zaia, l’altro Lega) avevano riconosciuto per primi nel mondo la Crimea russa. «Fu un pronunciamento di grande valore simbolico e politico», ha detto Zoccatelli citato dal Foglio. «Prima di dirottare sull’autonomia, qui era già pronta la legge sull’indipendenza. Ma fu cassata dalla Corte costituzionale».
Foto di copertina: Facebook
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