Covid, cosa sappiamo della nuova sotto-variante Omicron XE
La sotto-variante XE è frutto di una ricombinazione tra BA.1 e BA.2, entrambi lignaggi della variante Omicron. Come per la variante ibrida recentemente accertata Deltamicron, abbiamo delle mutazioni da tenere sotto osservazione, ma niente di cui doverci allarmare per il momento. Del resto tutte le altre varianti Covid di interesse sono passate già nel dimenticatoio. Cerchiamo di fare maggiore chiarezza su questo ennesimo lignaggio del nuovo Coronavirus emerso per la prima volta nel Regno Unito.
Perché la sotto-variante XE è più interessante delle altre
Gli esperti frenano, perché sarebbe presto per stabilire se XE sia una minaccia e quanto sia rilevante rispetto agli altri lignaggi Omicron. Secondo la Health Security Agency (UKHSA) è apparsa il 19 gennaio scorso, assieme ad altri mutanti ricombinanti di cui si conoscono decisamente meno casi.
La nuova analisi di UKHSA esamina 3 ricombinanti – continua una nota dell’Agenzia britannica -, noti come XF, XE e XD. Di questi, XD e XF sono ricombinanti di Delta e Omicron BA.1, mentre XE è un ricombinante di Omicron BA.1 e BA.2. […] Finora nel Regno Unito sono stati confermati un totale di 637 casi di XE, un ricombinante di Omicron BA.1 e BA.2. Il primo di questi ha una data campione del 19 gennaio 2022. Attualmente non ci sono prove sufficienti per trarre conclusioni sul vantaggio di crescita o su altre proprietà di questa variante. Continuiamo a monitorare da vicino tutti i ricombinanti, di routine attraverso la nostra sorveglianza genomica e capacità di sequenziamento leader a livello mondiale.
Dal momento che la circolazione di diversi lignaggi in una popolazione rende piuttosto consueto l’emergere di ricombinanti, l’esperto di genomica comparata dell’Università di Trieste Marco Gerdol, invita in un post dettagliato a non cadere in facili allarmismi.
Non a caso eventi di questo tipo si sono verificati più e più volte a cavallo tra dicembre e gennaio – continua Gerdol -, quando Delta era ancora molto diffusa e BA.1 stata vivendo una fase di rapidissima espansione, mentre ad oggi manca ancora una vera e propria evidenza di ricombinazione tra delta e BA.2, per il semplice fatto che nel momento in cui BA.2 ha iniziato a rimpiazzare BA.1 in gran parte del globo Delta era già quasi del tutto scomparsa
Quindi non stiamo parlando di una cosa che sta accadendo per la prima volta. Sono emersi già diversi ricombinanti Deltamicron, senza alcun impatto rilevante. Ciò che interessa maggiormente i ricercatori è come da queste mutazioni si possa meglio comprendere il ruolo determinante della proteina Spike (S) nel favorire la trasmissione oltre al legame coi recettori ACE2 delle cellule polmonari. Ma allora perché XE ci interessa così tanto?
Le prime indagini preliminari – spiega Gerdol -, condotte sulla base di poche centinaia di genomi sequenziati nel Regno Unito, hanno tuttavia portato ad una prima stima che suggerirebbe un vantaggio competitivo di una di queste varianti ricombinanti, ovvero XE, rispetto a BA.2. Un vantaggio tutto sommato modesto, stimabile nel ordine del 10% in termini di crescita del rapporto tra le incidenze dei contagi su base settimanale, e molto inferiore a quello che caratterizzava il confronto tra BA.2 e BA.1 (equivalente al 70% circa).
Quel che emerge al momento è che, se pure si nota una maggiore competitività di XE rispetto agli altri ricombinanti, questo non sembra rilevante rispetto al normale andamento della pandemia. La pagina di divulgazione Pillole di ricerca scientifica ha riportato in maniera efficace quattro elementi che ci impongono la massima prudenza, che riassumiamo:
- Mancano dati clinici sufficienti a stabilire il grado di severità;
- Al momento abbiamo solo i dati preliminari di un report;
- XE rappresenterebbe l’1% dei sequenziamenti;
- È sempre doveroso ricordare che i vaccini Covid continuano a proteggerci dalle forme gravi di Covid, senza rilevanti eccezioni.
Foto di copertina: Tumisu | Immagine di repertorio.
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