«Il consenso di Putin oltre l’80%. E se i russi sapessero delle violenze penserebbero che Mosca ha ragione»
Alexey Levinson è il direttore del dipartimento socioculturale del Levada Center, ultimo istituto demoscopico indipendente in Russia e perciò inserito dal governo, nel 2016, tra gli «agenti stranieri». In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera spiega che nonostante le stragi e gli orrori della guerra in Ucraina attualmente il consenso di Vladimir Putin viaggia intorno all’83%. E c’è di più: il 53% sostiene «decisamente» la guerra in Ucraina, il 28% «abbastanza»; per il 43% la guerra serve a «proteggere i russi delle repubbliche autonome», per il 25% è una «guerra di difesa», per il 21% «combatte il nazionalismo». I sondaggisti non usano la parola «guerra», vietata per legge, «ma i russi lo sanno ormai benissimo che si sta combattendo», spiega Levinson a Irene Soave. Secondo Levinson il problema però non è l’informazione russa: dei crimini di guerra i cittadini sono «totalmente ignari. Un’altra legge impedisce di diffondere foto come quelle di Bucha, che stanno sconvolgendo l’Occidente, perché sarebbero “vilipendio alle forze armate”. Ma anche se lo sapessero, penserebbero che la Russia ha ragione di comportarsi così». E questo perché «quando ci sono pressioni governative sulle opinioni, come oggi in Russia, aumentano le risposte “non sa, non risponde”, che in genere significa “risponderei, ma ho paura”. In questo caso no. Molte persone sembrano aver aderito convintamente alla versione diffusa dalla propaganda, e rispondono orgogliose a favore della “operazione militare”».
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