Le stragi russe nelle città occupate, Kiev indaga su 5 mila casi di crimini di guerra: «I primi ad apparire quando c’è un genocidio»
Il dossier sui crimini di guerra commessi dall’esercito russo nei territori occupati dell’Ucraina si è rapidamente riempito di circa 5mila casi, secondo la procuratrice generale Irina Venediktova. Una mole di orrori che rilanciano i sospetti sullo scenario peggiore avvenuto durante l’occupazione russa, quello del genocidio già evocato in più occasioni dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Anche in questa situazione così crudele – ha detto Venediktova- i crimini di guerra sono i primi ad apparire nell’ordine, seguiti dai crimini contro l’umanità e dal genocidio». Il caso più eclatante è indubbiamente a Bucha, a pochi chilometri da Kiev, dove le cifre delle vittime civili oscillano tra le 320 e le 410, come ha confermato il sindaco alla Bbc. Vere e proprie esecuzioni a cui Anatoly Fedoruk dice di aver assistito di persona: «C’erano tre auto di civili che cercavano di evacuare in direzione di Kiev e che sono stati brutalmente uccisi a colpi d’arma da fuoco. C’era anche una donna incinta il cui marito urlava di non spararle. Ma loro hanno sparato e l’hanno uccisa brutalmente».
Altri casi stanno emergendo nel corso dei giorni dalla regione di Sumy, al confine con la Russia. In particolare a Trostianets, cittadina di 20mila abitanti da cui stanno emergendo prove di esecuzioni sommarie, torture e saccheggi, come ha potuto verificare un reporter del Guardian. La città è stata pesantemente attaccata dall’artiglieria russa, per essere poi occupata per circa un mese e depredata. Sui muri ancora in piedi campeggiano slogan filtrassi e insulti a Zelensky. Per le strade ci sono ancora i carri armati distrutti dei russi prima della ritirata, centinaia di scatole di munizioni e bossoli di granate. Sulle vittime, il sindaco Yuriy Bova non riesce ancora a fare un bilancio certo, ma di sicuro sono più di 50 persone.
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