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Caso Cucchi, condannati 8 carabinieri per depistaggio: 5 anni al generale Casarsa, oltre 1 anno al colonnello Sabatino

07 Aprile 2022 - 18:23 Sara Menafra
Agli imputati, a vario titolo, erano contestati i reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia

Sono 8 i carabinieri condannati per il depistaggio che, per 12 anni, avrebbe accompagnato le indagini per capire le ragioni della morte di Stefano Cucchi, il giovane arrestato la notte del 15 ottobre 2009 e deceduto una settimana dopo mentre era ricoverato all’ospedale Sandro Pertini di Roma, in seguito alle ferite subite durante un violento pestaggio avvenuto la notte stessa del suo arresto. Condannato tra gli altri a 5 anni il generale Alessandro Casarsa, 1 anno e 3 mesi al colonnello Lorenzo Sabatino. Agli imputati, a seconda delle posizioni, si contestavano i reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. La sentenza di oggi aggiunge un primo tassello importante, in attesa dei pronunciamenti in Appello e Cassazione, alla ricostruzione definitiva dei fatti. Lunedì, la Cassazione ha condannato in via definitiva due dei presunti autori del pestaggio.

Il comunicato dei carabinieri

Il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, in una nota, dichiara: «La sentenza odierna riacuisce il profondo dolore dell’Arma per la perdita di una giovane vita. Ai familiari rinnoviamo ancora una volta tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai valori e dai principi dell’Arma». Poi viene ribadito il «fermo e assoluto impegno» ad agire sempre «con rigore e trasparenza» soprattutto nei confronti dei propri appartenenti. «L’amarezza – prosegue il Comando generale dei Carabinieri – è amplificata anche dal vissuto professionale e personale dei militari condannati. Nei loro confronti sono stati, da tempo, adottati trasferimenti da posizioni di Comando a incarichi burocratici e non appena la sentenza sarà irrevocabile, verranno sollecitamente definiti i procedimenti amministrativi e disciplinari conseguenti».

Le parole della sorella Ilaria Cucchi

«Sono sotto shock. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono stati distrutti, ma oggi ci siamo. E le persone che ne sono stati la causa, i responsabili, sono stati sono stati condannati», queste le parole di Ilaria Cucchi, subito la sentenza di condanna.

La requisitoria

Ansa | Il pm Giovanni Musarò che si è occupato anche dell’inchiesta sull’omicidio di Stefano Cucchi

Il pm Giovanni Musarò, lo stesso che si è occupato della riapertura delle indagini che ha portato alla condanna per omicidio preterintenzionale nei confronti degli autori del pestaggio di Cucchi, aveva chiesto una pena particolarmente pesante, 7 anni di carcere, per Alessandro Casarsa, all’epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma e attualmente generale dell’Arma. «Un intero Paese è stato preso in giro per anni», ha spiegato il magistrato parlando di un’attività di depistaggio «ostinata, a tratti ossessiva». Cinque anni e mezzo erano stati chiesti per Francesco Cavallo, cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni mentre sono quattro gli anni chiesti per Tiziano Testarmata. Per Francesco Di Sano tre anni e tre mesi e tre anni per Lorenzo Sabatino. Un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola, per il quale è stato chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il pm aveva chiesto per Casarsa, Cavallo, De Cianni e Soligo l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e di cinque anni per Di Sano, Sabatino e Testarmata.

Il pm, durante la lunga requisitoria, aveva specificato: «Questo non è un processo ai Carabinieri e bisogna evitare qualsiasi strumentalizzazione». Non è un processo all’Arma sia «per ragioni formali che sostanziali: il ministero della Difesa si è costituto parte civile, gli atti più importanti – ha detto nel corso della requisitoria Musarò – ci sono stati forniti dal reparto operativo e nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Roma e anche il comando generale “all’ultima curva” ci ha fornito una tessera mancante». Per l’accusa, «i depistaggi non si sono fermati al 2018 ma sono andati avanti fino al febbraio 2021: sono state alzate tante cortine fumogene».

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