Il piano del governo per l’energia: cosa succede a termosifoni e condizionatori negli edifici pubblici
Un piano del governo per risparmiare energia. E nel mirino del governo Draghi finiscono termosifoni e condizionatori degli edifici pubblici. Comprese le scuole. E sarà subito operativo. Dal primo maggio e fino al 31 marzo 2023 infatti nella pubblica amministrazione l’aria condizionata dovrà essere impostata a 27 gradi con un margine di tolleranza fino a 25. Il primo effetto della battuta di Mario Draghi su pace e condizionatori si sostanzia in un emendamento presentato dall’onorevole del Movimento 5 Stelle Angela Masi. Che è stato riformulato dalla viceministra all’Economia Laura Castelli. E che va ad inserirsi nell’ultimo decreto sul taglio delle bollette.
I limiti: 27 gradi in estate, 19 in inverno
Come spiega oggi Repubblica, la nuova norma prevede che «la media ponderata delle temperature» nei singoli ambienti degli edifici pubblici non debba «superare i 19 gradi centigradi +2 gradi di tolleranza» in inverno. E che non possa essere «minore di 27 gradi centigradi + 2 gradi di tolleranza» in estate. Cosa significhi, aggiunge Serenella Mattera, lo si capisce confrontando il testo con la norma in vigore dal 2013. Ovvero quella che fissava la temperatura rispettivamente a 20 gradi per il riscaldamento e 26 gradi per i condizionatori, sempre con 2 gradi di tolleranza. Il ritocco è di un grado: il margine è tra i 19 e i 21 gradi in inverno, tra i 25 e i 27 in estate. Dalle nuove regole sono esclusi ospedali, cliniche e case di cura. Funzionerà? «Un grado in meno per riscaldamenti e condizionatori di case e uffici vale un miliardo di metri cubi di gas, noi dalla Russia ne prendiamo 29», sottolinea Davide Tabarelli, professore di economia a Bologna e presidente di Nomisma Energia. Ma intervenire sulla domanda non basterà: «Noi abbiamo calcolato che se si spengono del tutto i condizionatori delle famiglie si risparmiano 10 miliardi di metri cubi. Se si spengono i riscaldamenti se ne risparmiano 20, ma è una tragedia, una sconfitta anche umana: la nostra economia si caratterizza anche per il primato di consentire alle persone di avere case riscaldate e bollette pagabili, non come quelle che ci sono arrivate ultimamente».
Il piano operativo che non c’è
Tabarelli spiega che il grosso dell’energia viene consumato da industrie, servizi e trasporti. Ed è lì, profetizza l’esperto, che prima o poi bisognerà razionare davvero. Quanto alla nostra produzione di gas, «i tempi sono lunghi perché servono infrastrutture gigantesche. È stato un errore fermare la produzione. E l’Europarlamento, che chiede ora l’embargo totale contro la Russia, ha una maggioranza di partiti che hanno lottato contro le trivelle, fra cui quello del ministro degli Esteri Di Maio, e spinto perché si abbandonasse l’estrazione di gas nei Paesi Ue». Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia basterebbe un grado in meno per risparmiare il 7% del gas. Intanto però, a parte la norma di oggi, un vero e proprio piano operativo ancora non c’è. Il premier ha annunciato una legge per accelerare l’autorizzazione all’installazione degli impianti fotovoltaici ed eolici, spesso bloccati dalle sovrintendenze. Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta sta lavorando a una semplificazione legislativa per le rinnovabili negli uffici pubblici, dagli enti locali alle scuole. Il Corriere della Sera spiega che però l’esecutivo lavora anche su scenari più importanti: tra questi l’idea di spegnere l’illuminazione pubblica per molte ore e ridurre i limiti di velocità delle automobili. Si ragiona anche attorno all’ipotesi di stop programmati, come durante l’austerity degli Anni Settanta.
46 industrie verso lo stop se si chiudono i rubinetti del gas russo
Intanto La Stampa fa sapere oggi che senza il gas russo ci sono 46 industrie che rischiano lo stop alla produzione. E un problema che potrebbe presentarsi presto: attualmente gli stoccaggi sono al 30% dal 90% previsto ma già a luglio potrebbero arrivare le prime difficoltà. Anche se i consumi sono previsti in calo per effetto dell’innalzarsi delle temperature: dai 208 metri cubi di ieri si passerà a 136. Per scendere a 80-85 a Ferragosto. C’è però il problema dell’elettricità. Ieri il picco massimo ha toccato i 44,8 gigawatt, ma in media i consumi arrivano a 50-55 in estate. Fino a sfondare il tetto dei 60 proprio grazie ai condizionatori. Con la rinuncia al gas russo scatterebbe il piano d’emergenza sul gas da poco aggiornato dal governo. Si comincerebbe interrompendo le forniture alle 46 utenze industriali che possono permettersi uno stop alla produzione senza subire danneggiamenti alle macchine. Poi si andrebbe, pro quota, a ridurre il consumo sui restanti clienti industriali. Si utilizzerebbe lo stoccaggio strategico e l’aumento delle importazioni. E le famiglie? Si potrebbe ridurre a 3 Kw tutti i contratti che attualmente arrivano a 6. Si tratta di utenze domestiche energivore che sono una piccola parte delle 29,7 milioni attuali. Che valgono oggi circa il 7% dei consumi elettrici.
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