Morì in missione in Afghanistan, 4 militari rispondono di depistaggio: «Dissero che aveva avuto un malore»
Dodici anni per arrivare ad un processo che ha fin dal capo di imputazione un elemento tutto particolare: gli imputati di omicidio colposo sono due, Matteo Rabbone e Vincenzo Ricciardi, quelli di falsa testimonianza sei e al momento della prima indagine erano molti di più. È la storia di Francesco Positano, giovane militare morto nel 2010 ad Herat in Afghanistan, schiacciato da un mezzo in movimento.
Stando alla ricostruzione della Procura di Roma, che oggi 13 aprile ha portato a processo i sei imputati, Positano sarebbe morto investito da un Buffalo Mk, un mezzo militare antimina di fabbricazione americana, dal quale sarebbe sceso durante una perlustrazione, per controllarne l’andamento. Ma per arrivare a questa ricostruzione dei fatti ci sono voluti 12 anni di battaglia legale (costellati da ben 2 richieste di archiviazione alle quali si è opposta la famiglia del giovane).
Dopo i fatti, i commilitoni di Positano avrebbero concordato una versione comune che poi hanno ripetuto per parecchi anni, fino all’ultimo interrogatorio, nel 2015, che è valsa loro l’imputazione per falso: Positano si sarebbe sporto dal mezzo non dicendolo a nessuno e dopo un malore sarebbe caduto alle spalle del mezzo. Stando alla ricostruzione del Ris, accolta dalla procura, il militare sarebbe sceso dal mezzo in movimento per controllarne l’andamento, il Buffalo sarebbe oscillato finendo per investirlo con la ruota anteriore destra. Tutti i suoi commilitoni, invece, hanno raccontato che Positano era caduto alle spalle del Buffalo e che nessuno si era accorto che stava scendendo.
A cominciare da Alessandro Raponi che era a bordo dello stesso mezzo: «Quando io ho sentito “è caduto Checco” il mezzo era fermo, Escludo che Positano era sceso. Da soli non si scende, ho posizionato la telecamera del braccio in modo da vedere indietro e in basso ho potuto vederlo steso a terra …. ». Oppure Denis Giraudo, anche lui accanto a Positano: «Io ho visto con la coda dell’occhio Francesco che cadeva e ho visto in particolare l’ultimo pezzo della caduta, quando sbatteva a terra, è caduto lateralmente al Buffalo. L’ho visto cadere di testa con la faccia rivolta verso il mezzo. Preciso che Positano non era assolutamente sceso dal buffalo in strada».
I genitori del militare, Rosa Papagna e Luigi Positano, assistiti dagli avvocati Lucia Frazzano e Annarita Antonetti, oggi, 13 aprile, prima udienza di merito del processo per omicidio colposo, dicono di aspettarsi, finalmente, giustizia: «Non vogliamo vendicarci o maledire i commilitoni di nostro figlio, ma per noi non sarà finita finché non ci sarà giustizia». L’avvocato Massimiliano Strampelli, rappresenta il Partito dei militari, punta il dito contro la Difesa, che risponde in solido dei fatti contestati: «Mi stupisce che non si siano costituiti parte civile. La storia di Positano è simile a quella di Stefano Cucchi, stiamo sempre parlando di un lungo depistaggio da parte dei militari che si sono accordati con l’obiettivo di allontanare da loro le indagini. Eppure, in quel caso è stata presa una posizione netta, qui no».
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