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Carolina Guidetti, campionessa italiana del cubo di Rubik: «Ormai è il mio datore di lavoro» – L’intervista

17 Aprile 2022 - 10:25 Valerio Berra
Classe 1999, in poco più di un anno Carolina Guidetti ha superato i 500 mila follower su TikTok pubblicando solo contenuti sul puzzle più famoso al mondo

43.252.003.274.489.856.000. No, non è il codice bancario dello scrivente e nemmeno il segno lasciato dal passaggio del suo gatto sulla tastiera del pc. Questo numero rientra nella categoria dei trilioni e rappresenta il totale delle combinazioni con cui è possibile comporre il Cubo di Rubik, il puzzle più venduto nella storia contemporanea. Inventato nel 1974 dallo scultore ungherese Ernő Rubik e commercializzato nei primi anni ’80, il Cubo è passato di mano in mano per quasi 40 anni e spesso si è arenato incompiuto ai bordi di qualche scrivania. I metodi per risolverlo sono noti, e se leggendo questo articolo vi sta venendo voglia di provarci vi lasciamo un portale che raccoglie diversi tutorial. Alla fine è tutta una questione di algoritmo. Poi potete provare a completarlo senza nessun metodo ma potreste metterci parecchio tempo.

Come tutti gli oggetti di culto ha vissuto una lunga serie di trasformazioni, dai Cubi giganti che arrivano a contenere fino a 17 tessere per ogni lato (quello tradizionale ne ha 3) a quelli coperti da ametiste, rubini e smeraldi prodotti da Diamond Cutters International. Questi è meglio non scaraventarli a terra se non riuscite a finirlo. L’ultima variazione del Cubo è quella social. Carolina Guidetti, classe 1999, ha cominciato da poco più di un anno a pubblicare video su TikTok in cui risolve cubi di Rubik di varie dimensioni. Orginaria di Crevalcore, in provincia di Bologna, ha superato i 500 mila follower e adesso si sta espandendo anche su altri spazi social, come Instagram e YouTube. Dopo essere stato a lungo un rompicapo logico, ora per lei il Cubo di Rubik è diventato un datore di lavoro.

Quando hai avuto tra le mani il tuo primo Cubo di Rubik?

«Ne ho sempre avuto uno in casa. Direi che è una cosa abbastanza comune trovarlo su qualche scaffale. Nella mia famiglia nessuno sapeva risolverlo. Quando avevo 17 anni un mio amico mi ha mostrato che era in grado di completarlo in 20 secondi: diceva che io non avrei mai imparato e allora io mi sono allenata finché non sono riuscita a raggiungerlo».

Molti (io compreso) comprano il Cubo e poi lo lasciano su uno scaffale a prendere polvere. Cosa c’è stato di diverso in te?

«Non lo so. All’inizio era solo una sfida ma più andavo avanti e più scoprivo quel misto di logica e intuizione che è necessario per risolverlo sempre più velocemente. Per me è diventata una fissazione».

Quando ha smesso di essere solo un passatempo?

«Di solo Cubo di Rubik non si può vivere. La svolta è arrivata con tutto il lavoro sui social, soprattutto con YouTube dove riesco a monetizzare meglio i miei video. Ora ho messo in pausa l’università e da circa un mese ho aperto una partita Iva».

Hai partecipato a qualche torneo?

«Al momento ho gareggiato in 30 competizioni, tra cui campionati europei e italiani ma non ho mai vinto una medaglia. In Italia sono la più forte tra le ragazze che partecipano ma non siamo tante. La classifica viene completata mettendo insieme sia uomini che donne: al momento sono 50° nella categoria Cubo Standard».

Esistono categorie diverse?

«Sì, nelle competizioni ci sono tantissime discipline. Il Cubo Standard è quella in cui si utilizza il Cubo 3×3, quello che ha facce con tre tessere in orizzontale e tre tessere in verticale. Ci sono anche Cubi più piccoli e Cubi più grandi, come quelli 7×7 o 12×12. E poi ci sono altre discipline, ad esempio in una gara bisogna risolvere il Cubo da bendati: prima si memorizzano tutte le facce e poi si inizia a risolvere. In tutte queste gare vince chi impiega meno tempo per arrivare alla soluzione».

Qual è la tua disciplina preferita?

«Attualmente quella standard: il Cubo 3×3. Mi sto allenando molto sia per la gara normale che per quella bendata. La disciplina in cui sono più forte invece è il Cubo 5×5: sono 11° in Italia».

Esistono diversi modelli di Cubo di Rubik. C’è qualcuno a cui sei più legata?

«Ho una collezione di oltre 50 Cubi e ogni Cubo rappresenta un passo importante della mia carriera. Ho il primo che ho risolto, il primo che mi è stato mandato da uno sponsor e tutti quelli con cui ho fatto diversi record».

Il più difficile?

«È un po’ soggettivo. Il Cubo 7×7 è leggermente più difficile di quelli più piccoli. La gara più complessa però è quella che prevede di risolvere bendati diversi Cubi tutti in una volta. Diventa difficile perché bisogna ricordarsi ogni faccia di ogni singolo Cubo: si può arrivare anche a dover risolvere 30 Cubi tutti insieme».

Quando hai aperto il tuo profilo TikTok?

«Nell’estate del 2020: durante il lockdown questa piattaforma è esplosa. All’inizio pensavo fosse troppo da bambini e per un po’ non ho caricato niente. Poi ho cominciato a lavorarci davvero. Dopo un mese che caricavo video avevo già raggiunto i 150 mila follower».

Chi ti segue su questa piattaforma?

«Per la maggior parte si tratta di italiani. Sono soprattutto uomini quelli che mi seguono, anche molto piccoli. Quando vado alle competizioni dedicate al Cubo di Rubik ci sono tanti bambini che mi fermano per chiedermi una foto. Sulle altre piattaforme l’età si alza. Su Instagram e YouTube il pubblico è più adulto. Ho anche una fetta di over 50 che magari giocavano da ragazzi e che hanno ripreso in mano il Cubo dopo i miei video».

Qual è stato il tuo contenuto più virale?

«I contenuti più virali sono sempre stati quelli sui Cubi più grandi. Quello che ha ottenuto più visualizzazione era un video in cui disegnavo la bandiera dell’Ucraina su un cubo 17×17. Lo ammetto, non è stato molto difficile ma la clip ha fatto 16 milioni di visualizzazioni».

Perché il cubo torna ciclicamente tra le gli oggetti di tendenza?

«È un oggetto molto affascinante, dietro c’è un mondo immenso e più impari qualcosa sul cubo, più scopri qualcosa che non sapevi. Credo che in Italia io ci abbia messo anche del mio a farlo tornare un po’ di moda. Non avrei mai sperato di superare i 500 mila follower».

Per te è ancora solo un gioco?

«Ora io lo tratto come uno sport. Se vai in una gara, di qualsiasi livello, ti rendi conto subito che l’atteggiamento dei partecipanti è lo stesso degli atleti. Preparazione, dedizione e agonismo. Non vedo molte differenze».

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