Polemica sull’Anpi per i vecchi post del presidente contro «Kiev regime nazistoide». Pagliarulo: «Non sono putiniano»
A una settimana dal 25 aprile non si fermano le polemiche. «Non sono putiniano. Sono antifascista sempre e condanno l’invasione dell’Ucraina». Sono le parole del presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, in risposta alle polemiche relative ad alcuni suoi vecchi post, tra cui quelli pubblicati tra il 2014 e il 2015 in cui parlava di «regime nazistoide di Kiev responsabile di eccidi efferati, assassinii e torture» durante la prima guerra nel Donbass, denunciando «l’espansionismo della Nato» verso Est, ossia verso la Russia. Commentando quei post, Pagliarulo osserva: Io mi riferivo ai cambi di regime in Ucraina tra il 2013-2014 e l’avvio della guerra civile nel Donbass, spiega in un video pubblicato su Il Fatto Quotidiano. Tra i post pubblicati, ne è emerso anche un altro, pubblicato il 14 gennaio 2015, in cui il presidente dell’Anpi: «C’è il cattivo Putin – come sempre gli americani hanno diabolicamente dipinto il leader di un paese prima di aggredirlo -, e poi ci sono i buoni, fra cui la Nato». Il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ha poi aggiunto: «Continueremo a condannare un’invasione sanguinosa, a sostenere il cessate il fuoco e il ritiro dei russi», ma anche «a dire no all’invio di armi» a Kiev: «l’obiettivo è la pace, condividiamo gli appelli del Papa, per questo manifesteremo il 25 aprile». Ma durante la manifestazione, che dopo due anni di pandemia di Coronavirus tornerà a sfilare nel centro di Milano, il presidente dell’Anpi ha richiesto esplicitamente di «non portare bandiere della Nato» perché ritenute «inappropriate in questa circostanza in cui bisogna parlare di pace». Una scelta che ha sollevato le critiche da parte di Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, che ha osservato: «È curioso che nella stessa conferenza stampa si sia detto no alle bandiere Nato e sì a quelle palestinesi: vuol dire che esiste un tema non solo d’incoerenza, ma anche di strumentalità politica».
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