Il comandante del Battaglione Azov: «A Mariupol niente resa. La svastica sulle bandiere? È un simbolo slavo»
Il comandante Michail Pirog guida il Battaglione dei 1000 volontari nazionalisti di Azov di stanza nella zona di Zaporizhzhia, a 220 chilometri da Mariupol. In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera Pirog dice che la resa non è contemplata: «I russi possono tranquillamente fare a meno dei loro ultimatum. Gli eroi combattenti di Mariupol si batteranno sino all’ultimo uomo, non cercano il martirio ma sono pronti a morire. Ma i rinforzi arriveranno prima». Pirog conferma a Lorenzo Cremonesi che la situazione delle forze di Azov e dei russi è impari: «Mille ucraini accerchiati da 10 mila russi? Non so però dire con precisione quali quartieri siano ancora nelle loro mani oltre alla zona delle acciaierie Azovstal, anche perché le posizioni cambiano di continuo: stiamo parlando di una battaglia tra le vie di una grande zona urbana. I posti di resistenza sono parecchi e rendono complicata l’avanzata russa».
Poi ribalta su Mosca l’accusa di nazismo: «La propaganda russa falsifica la realtà e ci accusa di nazismo, mentre sono proprio i soldati russi a uccidere civili, a rubare e violentare. Sono loro i nuovi hitleriani. Noi ci battiamo anche per difendere le democrazie europee contro il fascismo espansionista di Putin». E ancora: «Con noi ci sono ebrei, azeri, tartari di Crimea, armeni, cattolici, musulmani. La svastica su uniformi e bandiere? È un antico simbolo slavo, pan-europeo, persino indiano. Per noi non ha alcun rapporto col nazismo. Accusereste mai gli indiani per le svastiche antiche millenni? Ma sono discorsi che davvero oggi non hanno senso. La realtà è che ci stiamo difendendo da un’aggressione violenta e fanatica. Abbiamo bisogno di tutto il vostro aiuto».
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