Come funziona la propaganda russa: il caso dell’influencer Marianna e il bombardamento dell’ospedale di Mariupol
Con il bombardamento dell’ospedale di Mariupol’, la propaganda del Cremlino ha mostrato la sua strategia: continuare a negare e dirottare l’attenzione, diffondendo in entrambi i casi bufale e teorie del complotto. L’influencer Mariana Vishegirskaya è diventata nel tempo la principale protagonista utile ai filorussi, soprattutto a seguito di due interviste rilasciate e diffuse online a sostegno della narrazione di Mosca. Una di queste è stata pubblicata dal fotografo Giorgio Bianchi che, forse senza rendersene conto, hanno smentito le bufale dell’amministrazione russa sull’Ospedale di Mariupol.
Il bombardamento dell’ospedale risale al 9 marzo 2022. Come avvenuto per Kramatorsk, i russi si erano presi il merito dell’operazione ma, a differenza del bombardamento della stazione ferroviaria, con Mariupol non avevano cancellato tutti i loro commenti iniziali. Dovessimo scrivere un nostro «Per chi ha fretta» per ricostruire una cronologia delle versioni del Cremlino, ecco come verrebbe fuori: «Abbiamo bombardato l’ospedale 1 perché era una base degli Azov, non c’erano civili. Non c’erano donne incinte, la blogger era un’attrice. Però era veramente incinta, un’altra è veramente morta, ma non siamo stati noi».
La prima giustificazione
Dmitry Polyanskiy, rappresentante russo presso le Nazioni Unite, condivide un tweet del segretario generale Antonio Guterres per accusarlo di aver diffuso una falsa notizia su quanto accaduto. Per farlo, cita un documento pubblicato il 7 marzo, due giorni prima del bombardamento, con il quale sostengono di aver avvertito l’ONU della trasformazione dell’ospedale in una base dell’esercito ucraino, cacciando via persino il personale. Questo elemento nella storia si rivelerà particolarmente importante, perché smentirà tutta la loro stessa narrazione.
Il 10 marzo 2022 mattina, le ambasciate russe iniziano a diffondere le prime risposte: «Il tentativo di gonfiare lo scandalo attorno alla presunta distruzione da parte della Russia dell’ospedale a Mariupol è il massimo del cinismo e della campagna di menzogne sulla nostra operazione militare speciale in Ucraina» scrive in un post Facebook l’ambasciata russa in Italia, sostenendo che l’ospedale fosse «occupato dai militanti nazi e trasformato in un punto di fuoco». Il documento del 7 marzo del rappresentante russo presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Negare e confermare tutto nello stesso giorno
Il 10 marzo 2022 alle 14:02, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov giustifica il bombardamento dell’ospedale di Mariupol in quanto veniva considerato un covo del battaglione Azov. Poco dopo, le ambasciate russe diffondono la foto di Marianna e dell’altra donna incinta trasportata in una barella, etichettando il tutto come «Fake». A questo punto parte la teoria del complotto, diffusa la mattina dello stesso giorno dal canale Telegram del falso sito di Fact-checking russo, “Guerra ai falsi“.
Il 10 marzo 2022 alle 18:53, il portavoce del Ministero della Difesa russo nega il coinvolgimento dell’esercito nel bombardamento dell’ospedale di Mariupol: «Absolutely no tasks to hit targets on the ground were accomplished by Russian military aircraft in the area of Mariupol» afferma Igor Konashenkov, accusando gli ucraini di aver inscenato una «provocazione» per mettere in cattiva luce la Russia di fronte all’opinione pubblica.
La conosciuta e la sconosciuta
Non si sapeva il nome di Marianna fino a quando il sito “Guerra ai falsi” e le ambasciate russe non l’avevano messa dentro il tritacarne della propaganda pro Cremlino, arrivando a sostenere che non fosse realmente incinta. Il giorno dopo, 11 marzo 2022, Marianna dà alla luce sua figlia. L’altra donna, portata via in barella e che non somigliava minimamente alla blogger, come sostenevano i filorussi, è morta e con lei il suo bambino.
Le interviste che smentiscono la Russia
Secondo quanto dichiarato dal media ucraino Obozrevatel, citando fondi da Mariupol, i suoi parenti avrebbero insistito affinché venisse accompagnata nel territorio rimasto sotto il controllo dell’Ucraina, per evitare che la donna venisse presa e usata «per i scopi propagandistici della Russia». Una tecnica già nota e denunciata dalla giornalista Viktoria Roshchyna, rapita dai russi e costretta a inscenare interviste pro-Mosca prima di essere liberata. Il 2 aprile 2022, compare una prima intervista a Marianna diffusa dai canali filorussi, nella quale la blogger dichiara che l’ospedale di Mariupol «è stato utilizzato come base militare dalle truppe ucraine», dando forza alla versione fornita da Mosca nel giustificare il bombardamento. Ciò che però Marianna afferma è che ad essere occupato dai militari non fosse quello bombardato, ma un altro: l’ospedale 1.
Lei si trovava nell’ospedale 3, come avevamo riportato in un articolo di Open Fact-checking il 12 marzo 2022. La stessa Marianna lo racconta davanti alla telecamera di Giorgio Bianchi: «Era il 9 marzo, era la clinica di ostetricia numero 3». In ben due interviste, dunque, Marianna ha ulteriormente smentito la narrazione diffusa dal rappresentante russo all’ONU, Dmitry Polyanskiy, poi diffuso dalle varie ambasciate russe nel mondo.
Marianna e la teoria del complotto
Ecco la trascrizione della traduzione, fornita nel video di Giorgio Bianchi, di quando Marianna parla delle accuse rivolte nei suoi confronti:
Riguardo alle vittime so solo della ragazza che hanno portato ferita, quella che dicevano che ero io. C’era tanta informazione dappertutto, dicevano che ero io, che mi hanno cambiato i vestiti più volte. Poi, i miei followers mi scrivevano. Io non ho visto questa informazione, in Internet, sui canali, ma mi hanno scritto che o nelle TV straniere, in qualche media, hanno detto che io sono morta con la mia figlia e hanno annunciato pure un minuto di raccoglimento. Mi hanno scritto più volte, più persone di questo, io non so se è la verità, ma c’era questa informazione.
Giorgio Bianchi, in quel momento, non la informa su chi ha diffuso le falsità sul suo conto: le autorità russe, dai ministeri alle ambasciate, partendo dal sito di propaganda “Guerra ai falsi“.
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