Twitter, Musk non si arrende: caccia ai fondi per acquistare il social network, ma la strada è in salita
Il 14 aprile, poco dopo aver annunciato la sua intenzione di acquistare Twitter per 43 miliardi di dollari, Elon Musk si è presentato a una conferenza del format TedX. Qui, insieme a Chris Anderson, ha commentato il suo piano per diventare proprietario di uno dei primi social network che si sono diffusi in rete. Parlando del progetto, Musk ha detto: «Questo non è un modo per fare soldi». Una frase che non ha certo rassicurato gli investitori, visto che è ricomparsa anche in un articolo pubblicato dal New York Times in cui si ricostruiscono tutte le difficoltà finanziarie che sta attraversando l’ultimo progetto dell’uomo più ricco del mondo. Per mettere insieme tutti i 43 miliardi di dollari necessari per l’acquisto, Musk ha bisogno di ricorrere a un prestito. Secondo un’analisi pubblicata da Bloomberg nei giorni scorsi, Musk ha 3 miliardi di dollari di capitale liquido visto che la maggior parte della sua fortuna arriva dalle quote che possiede nelle sue società, a partire da Tesla.
Musk al momento ha il 9,2 per cento delle azioni di Twitter. La sua offerta per acquistare tutta la paittaforma è di 54,20 dollari per azione. Una proposta che è più alta del valore attuale delle azioni (prima dell’annuncio di Musk erano a circa 45 dollari) ma è ben lontana dei picchi registrati nel 2021, quando Twitter era arrivata a 70 dollari per azione. Secondo Lauren Hirsch del New York Times, Musk starebbe lavorando su più fronti per chiedere un prestito. Un lavoro di strategia coordinato da Morgan Stanley, banca di investimento che sta cercando di creare una squadra con altri investitori per mettere insieme l’offerta finale.
La trasformazione di Twitter in società privata
Il problema sono i ricavi di Twitter e soprattutto i progetti di Musk per la piattaforma. Al momento i ricavi della società ammontano a circa un miliardo all’anno. Non abbastanza per giustificare un prestito attorno ai 40 miliardi di dollari. Musk inoltre ha dichiarato che vorrebbe togliere la società dal listino di Borsa e renderla così privata. Non è la prima volta che una società statunitense viene tolta dal listino di Borsa: è già successo a Burger King nel 2010 e alla società di investimento immobiliare EQ Office nel 2007. In entrambi i casi le società sono diventate private dopo un’acquisizione. Nel primo caso da parte di 3G Capital, nel secondo da parte di Blackstone.
Senza addentrarsi troppo nei meccanismi finanziari, il problema principale per gli investitori che vogliono sostenere Musk riguarda proprio questa operazione, nota anche come delisting. Togliere una società dalla Borsa permette al board di avere più libertà nelle sue decisioni. La società non è più obbligata a comunicare le sue informazioni finanziarie alla Security Exchange Commission (Sec) e non deve più presentare delle relazioni finanziarie trimestrali agli investitori. In questo modo per il board è più facile puntare su strategie a lungo termine, senza dover produrre risultati immediati da presentare ai suoi azionisti.
Il precedente con Tesla
Dopo la scomparsa di Donald Trump dai social della Silicon Valley, l’account di Musk non è solo uno dei più seguiti su Twitter ma anche uno di quelli in grado di generare più interazioni. All’uomo più ricco del mondo bastano pochi caratteri e qualche meme per orientare gli interessi di milioni di persone. In passato questo potere ha avuto anche conseguenze economiche: dal caso Gamestop al rinnovato interesse verso la cripto-meme Dogecoin. Nel 2018 è successo anche con le azioni Tesla. Musk aveva spiegato che Tesla era pronta alla privatizzazione e che erano pronti dei finanziamenti per toglierla dalla Borsa. Il valore delle azioni è aumentato ma alla fine il piano per la privatizzazione non ha mai ingranato. La Security Exchange Commission (Sec) ha multato Musk per 20 milioni di dollari e lui ha dovuto rinunciare alla carica di presidente di Tesla per tre anni.
April 19, 2022
Certo, nel 2018 Tesla non era ancora il miraggio per gli investitori che è diventato negli anni successivi, quando viaggiava tra i 60 e i 70 dollari ad azione. Ora è a 987 dollari ad azione, in calo dopo l’annuncio delle intenzioni di Musk di acquistare Twitter. Alcuni investitori, riferisce il New York Times, sono preoccupati di spostare fondi su Twitter anche per questo: Musk ha sempre avuto una natura volubile e, per quanto alcuni progetti come Tesla e SpaceX al momento stiano avendo enorme successo, la fiducia dei grandi fondi di investimento su di lui non è certo alle stelle.
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