Scuola, stop nel Lazio ai gruppi WhatsApp con prof, genitori e allievi. Gli studenti: «Siete fuori dal tempo»
Chat frenetiche, genitori che scrivono a qualsiasi ora, professori che riempiono di promemoria, amicizie su Facebook tra famiglie e docenti, profili TikTok o Instagram utilizzati spesso in modo pericoloso. A dire basta è l’Associazione nazionale presidi del Lazio che ha deciso di promuovere una completa revisione del codice deontologico scolastico, risalente allo scorso 2012. Un’iniziativa regionale che mira però a emanare un regolamento utile a tutte le scuole d’Italia con l’obiettivo di arginare un utilizzo della tecnologia e dei social troppo spesso dannosa per studenti, scuole e famiglie. I principali provvedimenti saranno rivolti al mondo dei social network e alle modalità di comunicazione scuola-famiglia. Le chat saranno abolite sia con i genitori che con gli studenti: i docenti potranno comunicare attraverso Whatsapp solo in casi di natura urgentissima. «Come una gita che salta all’improvviso o cose simili», spiega Mario Rusconi, presidente dei presidi di Roma. «Vorremmo bandire i gruppi WhatsApp in cui i genitori chiedono perché il figlio ha preso 7 invece di 8», continua, «a quei contenuti pubblicati sui social che ledono l’immagine degli istituti scolastici. La critica va bene, ma non la diffamazione e anche chi mette like a questo tipo di contenuto è ritenuto dalla legge colpevole».
Gli studenti: «Educare alla tecnologia»
Le reazioni alla decisione dell’Associazione nazionale presidi del Lazio è stata piuttosto unanime, almeno da parte dei docenti e degli stessi presidi. «L’utilizzo sfrenato delle chat non porta a nulla di buono, le comunicazioni devono avere un carattere di ufficialità», ha commentato il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. Il punto da sottolineare però è anche il valore di un intervento come quello proposto dai dirigenti di Roma. «Il codice deontologico non ha un valore amministrativo, ma un valore etico e di prevenzione», ricorda Rusconi. Ma l’associazione nazionale presidi non esclude di presentare il nuovo codice all’Aran per inserirlo nel contratto di lavoro nazionale. Chi invece batte sul ruolo delle famiglie è il presidente di DirigentiScuola, Attilio Fratta: «Perché far portare a scuola il cellulare agli alunni se è vietato? La regola c’è ma pochi la rispettano e scarsamente si sanziona chi non la segue». Ma il rinnovamento del codice sembra essere bocciato dalla dalla Rete degli studenti medi: «Un parere poco utile e fuori dal tempo. Serve educare alla tecnologia, non disincentivarla», ribattono.
Leggi anche:
- Niente «Bella ciao» il 25 aprile, il sindaco nel Mantovano ferma la banda della scuola: «È un brano troppo divisivo»
- Ius Scholae, la storia di Alexia: «In Italia da quando avevo 3 anni ma per colpa della politica mi sento una straniera»
- Bolzano: preside chiede di evitare la pancia scoperta a scuola, gli studenti si presentano in crop top
- Scuola elementare, in 25 mila classi arriva il prof di educazione fisica. Ma del bando e dei programmi ancora non c’è traccia
- Gli studenti bocciano l’alternanza scuola-lavoro durante il Covid: solo il 37% dà un giudizio positivo – Il report