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Vanda Obledkova: sopravvissuta alla Shoah, morta di fame e di freddo nella città assediata di Mariupol

vanda semyonovna obiedkova
vanda semyonovna obiedkova
Aveva dieci anni quando si salvò dal rastrellamento nazista che fece 16mila morti. La figlia Larissa: «Non meritava una morte simile»

Vanda Semyonovna Obledkova era nata a Mariupol l’8 dicembre del 1930. Lì è morta il 4 aprile scorso. Di freddo e di fame nella città assediata che non ha voluto lasciare. Aveva dieci anni il 20 ottobre del 1941, quando i nazisti occuparono Mariupol e fecero strage di ebrei così come a Odessa e Leopoli. La sua storia l’ha raccontata Dovid Margolin su Chabad.org: «Non meritava una morte simile», dice oggi sua figlia Larisa. Lei e suo marito hanno rischiato la vita per seppellirla in un parco pubblico a meno di un chilometro dal Mar d’Azov. Obiedkova e la sua famiglia erano membri attivi della comunità ebraica di Mariupol.

Salvata da un seminterrato

«Ha vissuto orrori inimmaginabili», dice il rabbino Mendel Cohen, direttore del Chabad-Lubavitch della città. Nel 1941 si sottrasse all’arresto dei nazisti che si portarono via sua madre nascondendosi in uno scantinato. Suo padre è riuscito poi a nasconderla in un ospedale per tutta la durata dell’occupazione. Nei fossati alla periferia di Mariupol i nazisti gettarono i corpi di un numero imprecisato di ebrei, tra i 9 mila e i 16 mila. Dopo un arresto alcuni amici di famiglia le hanno salvato la vita facendo credere ai tedeschi che fosse di nazionalità greca. Si è sposata nel 1954 e negli ultimi anni della sua vita ha vissuto con sua figlia Larissa. «Mamma amava Mariupol e non ha mai voluto lasciarla», dice oggi lei.

Nella cittadina mancavano l’acqua, l’elettricità e il riscaldamento. «Non potevamo fare molto per lei, passava tutto il tempo immobile a letto. Vivevamo come animali», ricorda Larissa. Due cecchini si erano appostati vicino alle fonti d’acqua e quindi ogni tentativo di rifornimento faceva rischiare la vita a tutti. Poi sono arrivati i bombardamenti: «Ogni volta tutto il palazzo tremava. Mia madre diceva che non ricordava nulla del genere nella Seconda Guerra Mondiale. Non meritava una morte simile».

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