Scuola, come cambiano le regole per il reclutamento dei docenti
Novità per il reclutamento del personale scolastico. Nel decreto per accelerare la realizzazione del Pnrr, il Consiglio dei ministri ha inserito nuove misure, che prevedono un rafforzamento della formazione iniziale degli aspiranti professori e un percorso specifico per i precari con almeno tre anni di servizio: sia gli appartenenti alla prima categoria che alla seconda dovranno comunque sottoporsi a un concorso. Secondo quanto prevede la bozza entrata in Cdm, il fabbisogno di docenti sarà stimato dal ministero dell’Istruzione in modo tale da arrivare a un numero equilibrato di abilitati: sufficiente a garantire la selettività, ma contenuto, per evitare che ci siano più abilitati di quanto la scuola sia realmente in grado di assorbire.
Cosa prevede la riforma
A un percorso iniziale di formazione universitaria, da almeno 60 crediti formativi aggiuntivi rispetto alla laurea, bisognerà affiancare una prova finale che consenta di dimostrare l’avvenuta acquisizione delle «competenze culturali, disciplinari, pedagogiche, didattiche e metodologiche». L’accesso non sarà riservato unicamente ai neolaureati, ma anche agli studenti durante i percorsi di laurea triennale e magistrale, o della laurea magistrale a ciclo unico. In aggiunta, bisognerà effettuare un tirocinio nelle scuole, ed è prevista la presenza di un docente “tutor” in grado di affiancare il percorso formativo. Che verrà concluso attraverso un concorso pubblico nazionale, «indetto su base regionale o interregionale», e un periodo di prova della durata di un anno.
I docenti precari che insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale potranno accedere direttamente al concorso. I vincitori dovranno poi conseguire 30 crediti universitari e svolgere la prova di abilitazione per poter fare lo scarto e passare di ruolo. Nel pacchetto sulla scuola rientra anche la “formazione in servizio”, continua e strutturata. La Scuola di alta formazione, introdotta con la riforma, avrà il compito di definire i percorsi. Entro il 2024, sono previste 70.000 immissioni in ruolo, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale.
Le proteste dei sindacati
Se il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si è detto soddisfatto, affermando che oggi è stato fatto «un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione», i sindacati sono di diverso avviso. In una nota unitaria domandano infatti: «È possibile che un piano di questa portata sia definito per decreto, senza un vero confronto, né con il Parlamento, né con i sindacati?». Manuela Pascarella, responsabile precari e reclutamento della Flc Cgil, aggiunge: «Dopo aver speso denaro e tempi, gli abilitati faranno un altro concorso a quiz per entrare in ruolo. Sembra si voglia costituire un albo professionale. E non si affronta il tema del precariato». Anche in seno alla maggioranza di governo gli umori sono contrastanti: i senatori della Commissione Istruzione non si sono presentati al vertice con le forze politiche convocato da Bianchi nel primo pomeriggio perché, secondo le parole del responsabile istruzione della Lega, Mario Pittoni, sarebbero stati «convocati all’ultimo». I capigruppo della Commissione Istruzione della Camera erano invece presenti.
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