Pragmatismo, propaganda o fallimento: cosa c’è dietro l’ordine di Putin sull’acciaieria Azovstal – Il video
Cosa c’è dietro l’ordine di Putin sull’acciaieria Azovstal di Mariupol? Il video del dialogo tra il presidente russo e il ministro della Difesa Sergei Shoigu, mostrato a sorpresa dal Cremlino proprio mentre l’esercito annunciava l’ultimo assalto alla fabbrica sotto assedio da giorni è una messinscena per nascondere un fallimento o dimostra l’entrata in una nuova fase della guerra in Ucraina? «Questo è un caso in cui dobbiamo pensare – dobbiamo farlo sempre, ma in questo caso di più – a preservare la vita dei nostri soldati e dei nostri ufficiali. Non c’è nessun bisogno di scendere in quelle catacombe e strisciare nel sottosuolo attraverso quelle strutture industriali», ha detto lo Zar.
Pragmatismo o propaganda?
Una scelta di pragmatismo, che va ad incrociarsi con l’importanza non certo soltanto simbolica di Azovstal: con il completamento della presa di Mariupol le forze russe aprono un corridoio territoriale che collega la Crimea al Donbass. E la conquista permette all’esercito di tornare a concentrare i suoi sforzi soltanto a nord in vista di quel 9 maggio che verrà celebrato con una grande parata per le vie della cittadina ucraina. Ma c’è anche una questione industriale. La fabbrica è attualmente gemellata con l’impianto di produzione di carbon coke metallurgico di Adviivka: il combustibile lì prodotto serve proprio ad alimentare gli altoforni di Mariupol. Entrambe le fabbriche sono di proprietà dell’oligarca ucraino Rinat Akhmetov. E serviranno per far ripartire l’economia dopo la guerra.
Ma proprio per questo la linea di Putin potrebbe aver scelto la prudenza. Spiega oggi Gianluca Di Feo su Repubblica che mandare i soldati nell’acciaieria avrebbe provocato un altro massacro, perché il complesso industriale è una fortezza di cunicoli. Neppure i bombardamenti sarebbero serviti perché l’impianto è in grado di sopportare temperature altissime. Il prezzo di vite umane da pagare per prendere quello che oggi è soltanto un simbolo della resistenza ucraina sarebbe stato troppo alto. E la nuova fase della campagna russa prevede l’esigenza di salvare «vita e salute» dei soldati russi. Lo si capisce anche dal fatto che si preveda sempre prima il bombardamento a tappeto prima di far muovere le truppe anche nel Donbass.
Messinscena e fallimento?
Putin, insomma, potrebbe aver deciso di cominciare a dare ascolto ai suoi comandanti. Forse a causa della presa di coscienza delle difficoltà dell’esercito russo sul territorio. Che potrebbero fa arrivare lo Zar anche a cominciare a prendere in considerazione l’idea di una tregua. Una pausa per riorganizzare le truppe. Andrea Marinelli e Guido Olimpio sul Corriere della Sera aggiungono un altro aspetto: oltre al fatto che tunnel, gallerie, reti fognarie e altri trabocchetti consigliano prudenza in una situazione del genere, Kiev è riuscita a inviare materiale per armare chi resiste. Con gli elicotteri, o forse con una rete attraverso le gallerie per portare i rifornimenti.
Infine, Anna Zafesova su La Stampa punta su un altro aspetto. Prima di tutto la giornalista è convinta che il video del dialogo con Shoigu sia una messinscena. Lo evince dal fatto che il ministro legge un biglietto e inforca gli occhiali. Poi segnala che secondo fonti ucraine i russi hanno rinunciato all’attacco finale perché sarebbero stati respinti con perdite. E in questa ottica andrebbero prese anche le dichiarazioni del leader ceceno Kadyrov. Che aveva annunciato la presa dell’acciaieria per il primo pomeriggio prima del dietrofront di Putin. Infine, c’è l’interpretazione del messaggio all’Occidente e all’interno. Lo Zar si è mostrato durante quello che può essere interpretato come un atto di generosità e di prudenza. Un modo per mandare un segnale all’interno come all’esterno. Riuscirà?
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