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Covid, chi sceglie di non vaccinarsi può mettere a rischio anche i vaccinati – Lo studio

27 Aprile 2022 - 15:17 Juanne Pili
Una ricerca canadese mostra perché le idee No vax mettono a rischio anche chi si vaccina

Allora il vaccino non serve? L’efficacia dei vaccini non viene messa in discussione. Lo studio apparso il 25 aprile sul Canadian Medical Association Journal conferma piuttosto le conseguenze logiche di quanto sappiamo su come agisce il nuovo Coronavirus, e sulle nostre scelte. Individualmente i vaccini riducono drasticamente la probabilità di incorrere in forme gravi di Covid-19. Si tratta dell’endpoint primario che hanno dovuto superare questi farmaci per essere approvati da Ema e Fda. Socialmente i vaccini non escludono il contagio, ma riducono la probabilità che avvenga. Chi non si vaccina ha maggiori probabilità di incorrere nelle forme gravi della malattia, ai suoi postumi (long Covid), o di perdere la vita; inoltre ha una carica virale più alta se contagiato, questo si traduce in una maggiore probabilità di contagiare il prossimo. Tutto questo lo sapevamo già e porta a una conseguenza logica ben precisa: i non vaccinati mettono in pericolo anche i vaccinati; viceversa (con buona pace delle narrazioni No vax) vaccinarsi è una scelta che non reca vantaggio solo a se stessi, ma protegge anche gli altri.

I risultati dello studio

I ricercatori dell’Università di Toronto hanno usato dei modelli che comparano vaccinati e non vaccinati:

Abbiamo simulato uno spettro di modelli di mescolanza tra gruppi vaccinati e non vaccinati che andavano dalla mescolanza casuale alla mescolanza completa […], in cui le persone hanno contatti esclusivamente con altri con lo stesso stato di vaccinazione. Abbiamo valutato la dinamica di un’epidemia all’interno di ciascun sottogruppo e nella popolazione nel suo insieme.

I risultati confermano che generalmente «il rischio di infezione era nettamente più alto tra le persone non vaccinate rispetto a quelle vaccinate in tutte le ipotesi di mescolanza». Inoltre i non vaccinati presentavano un tasso di infezione più alto nei confronti dei vaccinati.

Sebbene il rischio associato all’evitare la vaccinazione durante una pandemia virulenta sia principalmente per le persone non vaccinate – continuano gli autori -, le loro scelte influiscono sul rischio di infezione virale tra coloro che sono vaccinati in modo sproporzionato rispetto alla porzione di persone non vaccinate nella popolazione.

Il dibattito aperto sull’obbligo vaccinale

Dunque abbiamo un rischio di infezione maggiore dato dalla presenza di non vaccinati in una popolazione. I vaccinati saranno generalmente protetti dalle forme gravi; ma tra loro vi sarà sempre una quota – per quanto minima -, di persone che non rispondono pienamente al vaccino, specialmente se anziani e/o con comorbidità.

Monitorare i non vaccinati è più difficile. Per esempio, c’è chi ha letto le tabelle sanitarie in maniera fuorviante, ispirando titoli e slogan dove i vaccinati risultavano più a rischio (per maggiori approfondimenti potete leggere una nostra precedente analisi). Appare invece evidente – se smettiamo di ragionare a livello individuale e consideriamo i dati epidemiologici, la probabilità e la statistica -, un quadro globale della situazione che non lascia spazio a dubbi, riaprendo la questione dell’obbligo vaccinale.

Il contributo portato da questa nuova analisi alla discussione è importante – spiega il professor Enrico Bucci su Il Foglio -, perché vale per qualunque patogeno e vaccino, e perché tiene finalmente conto di effetti diversi – uno fra tutti, per esempio, quello della tendenza degli individui a frequentare i propri simili, invece di mescolarsi omogeneamente nella società – che in molti altri studi sono stati trascurati. E’ ora di fondare la discussione sull’obbligo vaccinale su argomenti che siano un po’ più solidi e meno aleatori del verificarsi di condizioni epidemiche, volta per volta valutate dalla politica secondo gli interessi del momento.

Le conseguenze di una libera scelta

Anche se non è stata saltata nessuna delle tappe previste per la ricerca e lo sviluppo di vaccini sicuri ed efficaci, l’emergenza pandemica li ha fatti emergere in tempi record, impedendo che la loro distribuzione fosse digerita pienamente in una parte della popolazione. Anche se sentimenti No vax covavano già per altre ragioni, l’adozione dei vaccini Covid ha portato a una resistenza non indifferente.

Gli oppositori hanno parlato di «diritti dei non vaccinati»; un ragionamento che parte anche dal presupposto che questa scelta individuale non avrebbe avuto conseguenze nei vaccinati. Questa premessa è notoriamente errata. L’epidemiologia insegna che quando si parla di vaccini è fondamentale il concetto di «immunità di comunità» (meglio nota come immunità di gregge). Basti vedere cosa sta succedendo in Afghanistan dopo il ritorno dei talebani, non solo con la Covid-19, ma anche con la poliomielite. Occorre una ampia quota di vaccinati in una popolazione per ridurre significativamente la diffusione di una infezione, proprio perché i soggetti non vaccinati hanno più probabilità di veicolarla, con conseguenze – per quanto minime -, anche tra i vaccinati. Non sono solo dei numeri. In gioco c’è la salute delle persone e quanto le nostre scelte possano fare la differenza sulla vita degli altri.

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