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Caso Petrocelli, verso una nuova fumata nera. Gli M5s si sfilano: «Non sta a noi forzare»

03 Maggio 2022 - 16:32 Sara Menafra
vito petrocelli
vito petrocelli
Convocata la giunta per il Regolamento ma è scontro tra i partiti di maggioranza

Una pre-riunione informale seguita dalla convocazione della giunta del regolamento, incaricata di trovare una soluzione che però, a meno di colpi di scena, non appare alle viste. Più passa il tempo, più il caso del presidente della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, quasi espulso dal Movimento cinque stelle per le sue posizioni vicine al Cremlino, si ingarbuglia. Lui continua a ripetere di non volersi dimettere – l’ha ribadito in un tweet anche oggi. Il gruppo a cui ancora appartiene, i Cinque stelle appunto, non vogliono forzare la mano. E gli altri gruppi di maggioranza continuano a ripetere che invece la decisione dovrebbero prenderla proprio i Pentastellati.

Le due riunioni al Senato

Per provare a sciogliere i nodi, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha convocato una riunione informale dei capigruppo e quindi la giunta per il Regolamento. La prima per raccogliere le intenzioni di tutti i protagonisti e la seconda per valutare quali possano essere i precedenti da applicare al caso in questione: rimuovere un presidente di commissione che non è più sostenuto da alcuna maggioranza. Gli intendimenti dei gruppi in teoria sono chiari, l’attuale maggioranza parlamentare vuole rimuovere Petrocelli e l’opposizione non lo difende. A chi debba essere affidata la decisione però, è tutto un altro paio di maniche. E qui la valutazione tecnica dei precedenti (quella di cui parlerà oggi la giunta del Regolamento) si incrocia con quella politica.

Il gruppo M5s è prudente. L’ha ribadito anche oggi la presidente del gruppo pentastellato, Mariolina Castellone: «Io ho detto che non farò forzature come presidente del gruppo sul regolamento al Senato, che non prevede la sostituzione del presidente di commissione. Il movimento ha già preso le distanze con l’espulsione ma una cosa è il gruppo e una cosa è la presidenza della commissione, e su questo deciderà Casellati». Non ci sono precedenti in cui un gruppo parlamentare abbia sostituito il presidente di una commissione spostandolo altrove, dice in sostanza Castellone che, per la verità, deve fare i conti col fatto che alcuni senatori m5s difendono ancora Petrocelli, almeno come presidente di commissione.

Secondo gli altri gruppi parlamentari, però, se non decidono i Cinque stelle è molto complicato che possa farlo qualcun altro al posto loro: soprattutto se Petrocelli sarà espulso dal partito e finirà al misto, dove le decisioni vengono prese a garanzia di componenti molto diverse fra di loro ed è difficile rimuovere qualcuno da un incarico sulla base di una scelta politica.

Il precedente Villari

Sulla “sostituzione” del presidente, preso da una commissione e spostato in un altra, dovrà fare una istruttoria la giunta per il Regolamento cercando di capire se davvero non si possa fare. Perché invece il precedente di cui si è discusso fino a dieci giorni fa, quello del presidente della Vigilanza Riccardo Villari, sta perdendo definitivamente quota. Tra il 2008 e il 2009, l’allora presidente della Vigilanza Villari, Pd, fu espulso dal partito. Ma siccome non si voleva dimettere, l’intera commissione si dimise e i presidenti di Camera e Senato la sciolsero. Secondo gli esperti, però, si poteva fare perché era una bicamerale e non una commissione permanente e comunque i tempi sarebbero lunghi. Nel caso degli Esteri, ribadiscono soprattutto dai Dem, «la decisione deve essere politica».

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