No! Questa civile scappata dall’acciaieria Azovstal non era una cecchina neonazista di Pravy Sektor
Poco prima che avessero ufficialmente inizio le operazioni per permettere ai civili di abbandonare l’acciaieria Azovstal di Mariupol’, andata pressoché completamente distrutta a causa dei pesanti bombardamenti e degli attacchi da parte delle truppe russe, si è iniziata a diffondere la notizia di una famiglia che sarebbe riuscita ad abbandonare la struttura. Una coppia e la loro figlia, diventati immediatamente sia eroi che antieroi della propaganda russa. La donna, in particolare, viene accusata di essere tutt’altro che un’innocua civile vittima del conflitto.
Per chi ha fretta:
- Una teoria del complotto afferma che una civile scappata dall’acciaieria di Mariupol sia in realtà una pericolosa cecchina.
- In realtà, la donna è stata fraintesa per una combattente ucraina che ha smentito l’equivoco.
- Suo marito invece, accusato di nazismo, sembrerebbe aver davvero nutrito simpatie estremiste. Almeno fino a dieci anni fa.
Analisi
La coppia di coniugi ha spiegato alla testata russa Izvestiya le modalità della fuga e l’incontro con il battaglione nazionalista Azov, che controlla la struttura bersagliata dalle truppe del Cremlino. I due hanno raccontato di essersi trasferiti nell’acciaieria lo scorso 8 marzo, e di come i membri del reggimento Azov (giunti sul posto il 10 marzo, secondo la loro ricostruzione) impedissero a chiunque di scappare dal posto. L’uomo ha detto di essere riuscito a trovare un ricevitore radio in una delle officine dell’impresa. Lo ha sintonizzato sull’onda di “Vesti FM”, da lì ha appreso dei corridoi umanitari: ha dunque architettato la fuga con sua moglie e sua figlia, riuscendo a fuggire il 29 aprile. Secondo quanto riportato, l’uomo ha lavorato all’Azovstal come caposquadra per circa 20 anni, mentre sua moglie ha fatto la traduttrice per quasi 15 anni.
Secondo una teoria diventata presto virale, il vero mestiere della donna sarebbe tutt’altro: non saremmo al cospetto di una civile, sostengono in molti, ma di una pericolosa cecchina: «Questa è una “civile” appena uscita dall’acciaieria di Mariupol. Adesso fa la vittima. Ma la si guardi in quell’altra foto, vicina a uno dei fondatori di Pravy Sektor, neonazista sfegatato. Guardate il tipo di fucile che lei imbraccia, è da cecchino», scrive un utente su Facebook.
Non è l’unico a pensarla così: la tesi secondo cui la donna farebbe in realtà parte delle forze militari è stata condivisa anche su Twitter. La teoria si basa su una somiglianza tra la civile scappata da Azovstal e la donna in uniforme: ma si tratta in realtà di due donne diverse.
La vera cecchina ucraina
L’identità che è stata erroneamente affibbiata alla donna di Azovstal è infatti quella della nota cecchina ucraina Olena Bilozerska. Paragonando i loro volti, è già possibile stabilire come la somiglianza riscontrata da molti utenti sia in realtà molto vaga: per esempio, del neo sotto al labbro che vediamo sul volto della donna scappata da Azovstal non c’è traccia sul viso di Olena.
Ma se la prova non dovesse bastare, possiamo affidarci a un’esplicita smentita della Bilozerska, che si è presa gioco della teoria complottista sul suo profilo Facebook aggiungendo: «spero che la donna [di Azovstal] stia bene». A chi le chiede, tra i commenti, com’è possibile che l’abbiano presa per la fuggitiva, risponde: «mi assomiglia un po’. Ma non abbastanza da essere confusa».
L’identità della civile
Il vero nome della donna in realtà è Natalia Savina (Наталья Савина). Lo troviamo riportato sui media ucraini, e la conferma arriva dal suo profilo sul social VK, dove troviamo delle foto risalenti a otto anni fa in cui imbraccia sua figlia, la stessa bambina presente nel video, ora grande.
Tra le varie immagini, spunta però anche qualcos’altro. Qualcosa che potrebbe provare un’altra teoria che ha investito la famiglia Savin: quella secondo cui suo marito, Mikhail Savin, avrebbe delle simpatie naziste.
Le controverse foto del marito
Le accuse rivolte alla famiglia di civili protagonista di questa storia, infatti, non riguardano soltanto la madre della bambina, ma anche suo marito: questo a causa della scoperta di molte foto che secondo gli utenti ritraggono l’uomo riproporre simboli e gesti filonazisti. In questo caso, però, potremmo non trovarci al cospetto di una bufala. Un primo campanello d’allarme arriva proprio dal profilo di sua moglie Natalia: scorrendo tra le foto, troviamo infatti un’immagine da lei postata nel 2012 che riprende un uomo straordinariamente somigliante a Mikhail, che sfoggia sul petto la croce di ferro, decorazione militare utilizzata dal Regno di Prussia, dall’Impero tedesco… e dalla Germania nazista.
Approfondendo le ricerche, sbarchiamo in quello che sembra essere il profilo VK dell’uomo, che si nasconde dietro lo pseudonimo di ‘Abrekos Abrekos‘: su di esso, le immagini filonaziste abbondano. Non solo troviamo che spesso e volentieri l’uomo scrive i suoi post utilizzando la lingua tedesca, ma lo vediamo anche indossare nuovamente la croce di ferro, fare il saluto nazista e postare nuovamente la medesima immagine apparsa sul profilo di Natalia. Nonostante queste foto risalgano a circa dieci anni fa, gli indizi inducono a credere che si tratti dell’uomo intervistato all’indomani della fuga da Azovstal.
Conclusioni
La famiglia ucraina scappata da Azovstal lo scorso 29 aprile è stata al centro dell’attenzione della propaganda filorussa: ma, se le perplessità riguardo l’orientamento politico di quello che sembra essere il padre della bambina hanno un fondamento, la teoria che identifica sua moglie in una famosa cecchina ucraina può essere decisamente bollata come una bufala.
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