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Epatite acuta nei bambini, Palù (Aifa): «Potrebbe trattarsi di un nuovo virus»

04 Maggio 2022 - 06:42 Redazione
giorgio palù terza dose vaccini aifa
giorgio palù terza dose vaccini aifa
Il virologo: le vaccinazioni non c'entrano nulla. Il collegamento con l'adenovirus? Lo stiamo studiando

Il virologo Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, parla oggi con il Corriere della Sera delle epatiti acute dall’eziologia sconosciuta riscontrate nei bambini. E nel colloquio con Margherita De Bac dice che potrebbe trattarsi di un nuovo virus. Palù in primo luogo esclude collegamenti con le vaccinazioni anti Covid-19: «È un’ipotesi definitivamente abbandonata dopo l’attenta indagine condotta dalla agenzia britannica per la sicurezza sanitaria. Dal 2 aprile sono stati segnalati 166 casi di epatite acuta, 111 nel Regno Uniti, i primi descritti a livello internazionale. Per la maggior parte si tratta di bambini sotto i 5anni, dunque non vaccinati. Lo stesso fenomeno è stato segnalato negli Stati Uniti (12 casi), in Israele (12) e in Giappone (1). In Europa i casi confermati sono stati 55. In Italia gli episodi di epatite acuta sospetti sono 17, nessuno confermato ufficialmente».

L’adenovirus e l’eziologia

Ma per Palù è improbabile anche che si tratti di strascichi di Covid-19: «La sintomatologia non è riconducibile direttamente al Covid anche se il 16% dei casi erano positivi a Sars-CoV-2, una percentuale molto vicina a quella che si riscontra nella popolazione pediatrica considerando che molti bimbi hanno avuto l’infezione in assenza assoluta di sintomi». Anche quella dell’abbassamento delle difese immunitarie in conseguenza del lockdown, ad oggi, è «soltanto un’ipotesi». Mentre il collegamento con l’adenovirus pare più concreto: «Su 53 episodi esaminati dall’agenzia britannica, 40 erano positivi all’adenovirus e questo sembra ora il maggiore imputato dato che è un microrganismo noto come causa di infezioni respiratorie e gastroenteriche in bambini e negli adolescenti».

«Altri virus sono stati esclusi. Sui 40 casi, una decina sono dovuti a un tipo specifico di adenovirus, l’F41. Sono in corso approfondimenti di genetica e su campioni di fegato per capire se si tratti di un ceppo diverso da quelli conosciuti». Invece che secondo Palù si tratti di un nuovo virus «non si può escludere del tutto. Bisognerebbe però dimostrarlo e i dati sono ancora troppo pochi e recenti. Ricordo che nell’89 i futuri premi Nobel per la medicina, Houghton, Alter e Rice, identificarono il virus C come causa di un’epatite allora definita non A-non B».

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