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Lo YouTuber che intervista i prigionieri, il reporter che dà la caccia ai torturatori: il nuovo fronte dell’informazione ucraina

06 Maggio 2022 - 09:38 Redazione
Volodymyr Zolkin fa sentire la voce dei prigionieri russi mentre Dmytro Replianchuk aiuta gli inquirenti a identificare gli autori dei massacri

Volodymyr Zolkin è un attivista ucraino di Kiev, che sul suo canale YouTube conta circa 336mila iscritti. Tra i suoi contenuti spiccano le interviste ai prigionieri russi detenuti in varie località dell’Ucraina dopo l’invasione del Paese risalente allo scorso febbraio. Fino ad oggi, ne ha intervistati almeno 100: come spiega oggi il Corriere, Zolkin ha avviato una sorta di ricerca sociologica su quelli che definisce «gli invasori catturati». Riesce a incalzarli con le sue domande, mettendo talvolta a nudo il fatto che non abbiano una chiara idea del perché eseguano gli ordini del loro governo.

Le interviste agli invasori

Come nel caso del giovanissimo soldato semplice e cecchino Stepanov Dmitri Arkadevich, per esempio, secondo cui Mosca ha avviato l’invasione perché «vuole Lugansk e Donetsk». Quanto Zolkin ribatte: «Ma quelle sono a Sud. E allora perché venivate a Kiev?», il militare ammette «Non lo so. Io non sapevo niente prima di passare il confine». Non è l’unico a confessare di non avere una chiara idea di quello che sta accadendo. Quando lo YouTuber chiede per esempio a un giovane di 22 anni, Nikita Luzin, che cosa significhi la parola «denazificazione», il ragazzo risponde: «giuro che non l’ho ancora capito». Stessa confusione ammessa da Daniil Kornilovènato, classe 2004, che addirittura si lascia andare nel colloquio con Zolkin fino al punto di sbottare definendo Putin «un pazzo».

Alcuni di loro non erano pronti al conflitto: «mi hanno puntato una pistola alla testa e mi hanno detto: adesso vai a combattere», racconta il diciottenne Vladislav Vasiliev, costretto a partire per la guerra mentre stava lavorando in una fabbrica. Alcuni di loro si presentano con le stampelle, o feriti: raccontano il momento della cattura da parte degli ucraini, e il conseguente sequestro dei cellulari. Lo YouTuber riesce a metterli in contatto con le loro nonne, le fidanzate, le mamme, affinché possano rassicurarle. I contenuti, inoltre, vengono poi regolarmente condivisi sul suo canale Telegram dal nome Ishchi Svoikh, ovvero «cerca il tuo»: un invito per i familiari degli intervistati.

Il team investigativo

Non è l’unico che si trova in prima linea sul fronte, provando a restituire un volto alla guerra: il giornalista investigativo dell’agenzia Slidstvo Dmytro Replianchuk, per esempio, dopo lo scoppio del conflitto ha interrotto le sue inchieste sulla corruzione del pubblici ufficiali ucraini per aiutare gli inquirenti a identificare i soldati di Putin. In un’intervista rilasciata a Repubblica Replianchuk, 27 anni, ha raccontato che il suo team è riuscito a recuperare «le foto dei primi dieci massacratori di Bucha, mostrate dalla procuratrice generale Iryna Venediktova». Le sue indagini si avvalgono dei social, ma anche di alcuni database dell’intelligence militare ucraina, che forniscono i dati anagrafici di tutti i sospettati dei crimini di guerra: il giornalista ha spiegato che, partendo dagli elenchi dei componenti delle brigate russe, sono riusciti a trovare «tra i 500 e i mille nominativi».

Ovviamente i dati sono solo l’inizio: dopo aver ottenuto le liste, Replianchuk e il suo team devono poi passare ai social, come Instagram e TikTok, ma soprattutto Yandex (il browser russo, ndr) e VKontakte, social network dove è capitato che i soldati si vantassero degli abomini commessi. Come Mikhail, 19 anni, che in alcuni messaggi rivelava di essere stato a Motyzhyn (vicino Kiev), e di aver tagliato le orecchie ai cadaveri. Ma a volte le ricerche sono meno veloci: nel caso di un giovane sergente di nome Nikita, per esempio, denunciato da alcuni civili ucraini per averli tenuti in ostaggio e per aver sparato contro di loro senza colpirli, è stato necessario non solo individuare il suo profilo sui social, ma anche quello sul videogioco League of Legends, dove aveva pubblicato sia la sua foto che il suo numero di telefono.

La caccia al pilota di caccia

Con queste informazioni sono riusciti a stabilire che era lui il militare presente a Bucha. Ora Replianchuk e il suo team stanno provando a insegnare come fare queste ricerche incrociate anche ai procuratori. Il primo ad essere identificato, ha raccontato, è stato un pilota di caccia che ha bombardato le aree residenziali di Mariupol e Kharkiv: hanno scoperto che era lui tra possibili 30 nominativi attraverso quanto pubblicato sui social dai suoi familiari, palesemente a favore della guerra e della propaganda del Cremlino nonostante avessero dichiarato esattamente l’opposto quando interrogati. Fino ad ora, hanno consegnato agli inquirenti decine di profili.

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