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Spaccio, botte e torture: nelle carte dell’organizzazione criminale sgominata a Roma una pista che porta all’omicidio di Luca Sacchi

17 Maggio 2022 - 18:17 Sara Menafra
In azione da anni ma sempre sotto copertura, i fratelli Simone e Daniele Carlomosti facevano paura anche a Massimo Carminati

Sono stati attivi per anni, ma sempre lontani dai riflettori. Ora però che l’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci a Roma ha portato all’arresto dei membri dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico di stupefacenti nel popoloso e popolare quartiere La Rustica, quadrante est della Capitale, emergono i mille collegamenti di un gruppo guidato da due fratelli e capace di farsi rispettare da Massimo Carminati come dal boss simbolo della camorra capace di arrivare all’ombra del Colosseo, Michele Senese. Nel mezzo, spuntano anche nomi che collegano questa vicenda, i cui fatti si situano quasi tutti nel 2018, all’omicidio di Luca Sacchi avvenuto nell’autunno 2019.

A gestire l’organizzazione, i cui contorni sono stati ricostruiti in una ordinanza di custodia cautelare di circa 400 pagine, firmata dal gip Tamara De Amicis, i due litigiosi fratelli Carlomosti, in particolare Daniele, accompagnato dal nomignolo poco tranquillizzante “il bestione” o “il gigante”. I contrasti col fratello più piccolo, il quarantenne Simone, a proposito della gestione del traffico di stupefacenti, sarebbero stati così accesi che Daniele sarebbe arrivato a sparare a Simone (attualmente in regime di arresti domiciliari) non riuscendo a ucciderlo «per cause indipendenti dalla sua volontà», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Daniele Carlomosti e altre 13 persone, per reati che vanno dall’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, alla cessione e detenzione di droga, tentato omicidio, tortura, sequestro di persona e incendio.

L’indagine nei confronti dell’organizzazione nasce proprio da una sparatoria tra i due fratelli, a fine 2017. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori dell’Arma, un cliente di Simone si sarebbe trovato nel mezzo della spedizione punitiva organizzata da Daniele (la lite riguardava la gestione del traffico di stupefacenti). Le intercettazioni e i pedinamenti avrebbero fatto il resto.

I legami con la vicenda di Luca Sacchi

Foto Ansa | Luca Sacchi con la fidanzata, Anastasia Kylemnyk

Daniele, raccontano le carte, negli anni sarebbe riuscito ad imporsi in parecchi affari legati allo spaccio soprattutto dell’hashish. E avrebbe avuto dalla sua un pregiudicato sfiorato, ma poi assolto, dall’indagine sulla morte di Luca Sacchi, il giovane ucciso nell’autunno del 2019 davanti ad un pub della Capitale. Il braccio destro di Daniele Carlomosti, infatti, sarebbe Armando De Propris, pregiudicato per vari reati di spaccio. Secondo la ricostruzione della procura di Roma, la pistola – mai ritrovata – che ha ucciso Luca Sacchi nel corso di una trattativa per la compravendita di un carico di hashish apparteneva appunto a De Propris che nel processo di primo grado è stato assolto (mentre il tribunale ha scelto di condannare il figlio, Marcello, che quella pistola avrebbe sottratto al padre per fornirla agli assassini di Sacchi, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino).

Le coincidenze che collegano questa storia a quella della morte di Sacchi sono almeno due: la famiglia De Propris, prima di tutto, e il fatto che si parli di traffico di hashish. Nel caso che avrebbe portato all’omicidio di Sacchi si parlava della compravendita di un carico di 15 chili, anche se la sentenza non si è occupata di stabilire il ruolo della vittima nell’affare. Di certo, Armando De Propris si pone con Daniele Carlomosti come un sodale e, in molti casi un sottoposto, arrivando a promettergli di uccidere qualcuno pur di mostrarsi fedele, come dice a proposito dell’ennesima spedizione punitiva contro un pusher che non avrebbe rispettato i patti: «Ma pensi che mi sono scordato quello che hai fatto per me? Io te lo ammazzo Danie!».

I legami coi “fascisti” di Carminati

La nomea dei Carlomosti li avrebbe preceduti in parecchi contesti criminali. Per risolvere controversie legate al controllo del territorio Daniele si rivolge direttamente alla famiglia Senese e, in un caso a Fabrizio Piscitelli in arte Diabolik, l’ex ultrà della Lazio ucciso nel luglio 2021. In una occasione, alcuni pusher avrebbero escluso la possibilità di sottrarsi al controllo in particolare di Daniele o di ribellarsi, proprio per il rapporto di questo con “i fascisti” con riferimento, ricostruisce l’ordinanza a Massimo Carminati, in realtà arrestato nel 2014. Secondo i due spacciatori intercettati, in pochi sarebbero capaci di stare ai livelli dei Carlomosti: «Non ci sta solo Simone di dietro! Daniele sta con i fascisti, cioè stai parlando con gente…». «Chiaro riferimento ai contatti tra Carlomosti Daniele e Carminati Massimo», scrive il giudice. In una intercettazione del 2013, Carminati avrebbe detto al suo sodale Riccardo Brugia a proposito di Daniele Carlomosti: «Quelli so brutti compà, sono andato da questi prima che prendono la pistola e sparano».

Le notizie di punizioni sanguinarie avrebbero fatto il resto. In un caso, dicono ancora le indagini, Daniele avrebbe addirittura organizzato una stanza delle torture protetta dalla plastica per rimettere in riga un debitore che non l’avrebbe pagato a dovere. Nonostante le tante relazioni, però, il salto di qualità ad organizzazione di primo calibro non sarebbe riuscita: il tentativo di comprare un carico di droga di 1.000 chili proveniente dal Marocco sarebbe sfumato all’ultimo, per l’intervento della polizia marocchina.

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