La ministra e le università italiane escluse dal “visto speciale”: «Noi penalizzati ma per gli studenti non cambia nulla»
La ministra dell’Università Maria Cristina Messa parla oggi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera delle università italiane tagliate fuori dai “visti speciali” che il Regno Unito concederà agli studenti usciti dai migliori atenei del mondo. Nell’elenco infatti ci sono solo cinque università europee e nessuna italiana. Ma, spiega Messa, va precisato che per ricercatori e studenti non cambia niente: «I visti per chi ha una proposta di lavoro o di ricerca, o per studiare all’università, non cambiano. I nostri atenei non sono compresi in questa graduatoria speciale, che non so quanto sia aggiornata rispetto all’ultimo anno. Ed è un elenco che si basa sui ranking universitari, dove ai primi posti ci sono atenei particolarmente forti e costosi per ragazzi e famiglie e dove il rapporto tra docenti e studenti è ben diverso da quello italiano».
La ministra spiega che «per storia e per struttura, noi siamo svantaggiati rispetto ai parametri che usano, anche se non abbiamo una qualità inferiore. Questo non vuol dire che non dobbiamo comunque lavorare per migliorare la nostra posizione nei ranking. Per questo abbiamo previsto un piano straordinario di assunzioni di docenti. Stiamo lavorando su attrattività, premialità, mobilità di professori e studenti e internazionalizzazione. Lo facciamo finanziando gli atenei e riformando alcune regole».
Infine, per Messa con il Pnrr le cose cambieranno: «Il governo ha varato un piano di forte impatto di cui si vedranno presto i risultati. Ma già ora, nelle classifiche in cui le nostre università sono valutate con parametri più di dettaglio, per esempio a livello di dipartimento, ci sono eccellenze. Penso al Politecnico per Ingegneria e alla Sapienza per gli studi classici. Ricordiamoci che anche negli Usa, che sono premiati in questo sistema di visti eccezionali, ci sono le Università dell’Ivy League ma non le altre che sono in posizioni inferiori rispetto alle nostre. In Italia siamo passati da un sistema elitario a uno accessibile a tutti. È un’impostazione da difendere».
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