Ddl Concorrenza, perché le spiagge fanno litigare la maggioranza di governo
L’ultimo Consiglio dei ministri è durato poco più di 10 minuti. Convocato a sorpresa dal premier Mario Draghi, ieri sera 19 maggio, questa riunione aveva solo uno scopo: annunciare che sarà messa la fiducia sul Ddl Concorrenza nel caso la maggioranza di governo non riesca a trovare un accordo entro fine maggio. La proposta è passata, e anzi oggi il premier ha rincarato la dose notificando anche alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, la richiesta di approvare tutto entro fine mese. Insomma, i partiti che sostengono il Governo Draghi hanno a disposizione dieci giorni per sciogliere uno dei nodi più importanti del Ddl Concorrenza: quella sulle concessioni balneari. La questione è dibattuta da mesi ed è iniziata a novembre del 2021. Il Consiglio di Stato ha stroncato una decisione del Governo Conte che prevedeva di estendere le concessioni agli stabilimenti balneari fino al 2033. Attraverso due sentenze il Consiglio di Stato aveva accorciato questa estensione al 2023, dieci anni prima del previsto.
Una parte del Ddl Concorrenza si dovrebbe occupare quindi di stabilire le norme con cui riassegnare le spiagge italiane che in questo momento vengono sfruttate dagli stabilimenti. Sempre secondo il Consiglio di Stato infatti non c’è nessuna possibilità di estendere i permessi, neanche attraverso una nuova legge. Contro la proroga dunque, e per la linea già contenuta nella bozza di febbraio scorso, si sono schierati i Cinque stelle. Che non vogliono ulteriori mediazioni: no ad un’ulteriore proroga e no anche all’idea che il governo possa intervenire a “difesa dell’interesse nazionale” con una sorta di golden power.
Il fronte pro balneari è rappresentato dal centrodestra. I capigruppo di Lega e Forza Italia in Senato, Massimiliano Romeo e Anna Maria Bernini, nei giorni scorsi hanno pubblicato una nota: «Come sulla Riforma fiscale, la Lega, Forza Italia e il resto del centrodestra di governo hanno evitato che aumentassero le tasse su casa e risparmi, anche sul disegno di legge Concorrenza l’obiettivo è tutelare 30 mila piccole aziende italiane e 100 mila lavoratori del mare. Siamo ottimisti che si possa trovare un accordo positivo su un tema che, peraltro, non rientra negli accordi economici del Pnrr». Il centrodestra, e in particolare il leader leghista Matteo Salvini, cerca un accordo per tutelare gli attuali gestori degli stabilimenti. Con indennizzi e con regole per le gare che “tutelino” le gestioni uscenti.
La direttiva Bolkestein dell’Unione europea
La spinta a cambiare il sistema delle concessioni balneari in Italia arriva da lontano. Nel 2006 la Commissione europea ha approvato la direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva Bolkestein, dal nome di Frits Bolkestein, Commissario Ue al mercato interno fino al 2004. In questa direttiva viene garantita la parità di accesso ai mercati degli Stati membri a tutti i professionisti e le imprese che lavorano dentro l’Unione Europea. In Italia questa direttiva è stata recepita solo quattro anni dopo e non è stata mai applicata. Nel 2020 è stata avviata anche una procedura di infrazione per l’Italia, visto che il primo governo Conte aveva stabilito una proroga per le concessioni balneari di 15 anni.
Come ottenere una concessione balneare
Dal punto di vista giuridico le spiagge in Italia sono di proprietà dello Stato. Per ottenere una concessione demaniale bisogna vincere un concorso indetto dall’Ente del Demanio Marittimo. Per l’Unione europea il problema principale è che in Italia questa concessioni una volta assegnate venivano rinnovate senza la possibilità della concorrenza di accedere a nuovi bandi di gara. Secondo un report pubblicato dall’Antitrust nel marzo del 2021 oltre 21 mila lotti di costa presenti in Italia sono stati concessi a un canone annuale inferiore a 2.500 euro. Il totale dei lotti assegnati ai privati in tutta la penisola arriva a quasi 30 mila.
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