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Il piano (fragile) dell’Italia per sbloccare il grano ucraino, le condizioni del Cremlino sulle rotte: così Zelensky dovrà fidarsi di Draghi

Le speranze dello stesso premier italiano perché la trattativa sullo sblocco del grano si concluda con successo sono poche. Ma «è un tentativo che mi sento di fare», ha spiegato perché «la gravità della situazione ce lo impone»

Se sul fronte della pace il premier Mario Draghi, dopo la telefonata con Vladimir Putin, ha detto di non vedere «spiragli di pace», è almeno su quello della «guerra del grano» che un varco potrebbe aprirsi nella complicata trattativa tra Mosca e Kiev in cui l’Italia sta cercando di inserirsi. E lo fa con un piano tanto ambizioso quanto fragile: «La collaborazione deve essere quella di sminare i porti e di garantire che non avvengano attacchi sul periodo di sminamento – ha detto Draghi in conferenza stampa ieri 26 maggio – Non abbiamo esplorato le garanzie. C’è stata una disponibilità di Putin a procedere in questa direzione. È una iniziativa che ho sentito di prendere per la gravità della crisi umanitaria. Speriamo». Il piano italiano continua nella direzione su cui da giorni il premier italiano insiste, scrive il Corriere della Sera, cioè riaprire «corridoi alimentari» per sbloccare le esportazioni di grano in particolare nel porto di Odessa, prima che la crisi alimentare soprattutto in Africa diventi conclamata.

Il controllo delle rotte del grano

La proposta italiana sarà ora discussa con Volodymyr Zelensky, in un colloquio telefonico previsto a stretto giro come ha anticipato lo stesso Draghi. Da parte del Cremlino, aggiunge il Corriere, la condizione per accettare la proposta italiana sarebbe quella di «controllare le rotte» delle navi cargo che partono cariche di grano dal porto ucraino: Mosca vuole «sapere in anticipo i porti di destinazione» e vuole poter stabilire chi e che cosa può partire e quando. Sarà uno degli aspetti più complicati da far accettare al presidente ucraino, lo ha ammesso lo stesso Draghi quando si è dimostrato pessimista sull’esito della trattativa: «è un tentativo che potrebbe finire nel nulla, ma che mi sento di fare. La gravità della situazione ci impone di rischiare e provare cose che possono anche non riuscire».

Il rischio per l’Europa

La pressione italiana non ha solo un valore etico, ma anche strategico, come ricorda Repubblica. L’esplosione di una crisi alimentare nei Paesi importatori di grani e sementi ucraini tra Africa e Asia si rifletterebbe sull’Europa con una ripresa importante dei flussi migratori, spinti dall’impennata dei prezzi fino alla scarsità di forniture. Una crisi che starebbe mostrando già i primi segnali, come ha ricordato il presidente algerino in visita ieri a Roma.

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