Confezioni più piccole allo stesso prezzo: cos’è la shrinkflation, il fenomeno esploso con la guerra in Ucraina
L’Antitrust ha aperto una procedura su potenziali pratiche commerciali scorrette legate al fenomeno della shrinkflation. Il termine, che deriva dalle parole inglesi shrink (“restringere”) e inflation (“inflazione”), indica la tendenza da parte delle aziende a ridurre la quantità di un prodotto in vendita allo stesso prezzo di prima. Si tratta di un trend esploso con la guerra in Ucraina. Come dichiarato da Giovanni Calabrò, direttore generale alla Tutela del consumatore dell’Antitrust, «la shrinkflation è una tecnica di marketing, legittima purché siano rispettate alcune condizioni». Calabrò ha citato «condotte quali la diminuzione della quantità di prodotto a parità di dimensioni della confezione, in assenza di un’adeguata avvertenza sull’etichetta frontale».
I prodotti interessati dalla shrinkflation
Ma quali sono, nel concreto, gli effetti della shrinkflation sui prodotti che troviamo sugli scaffali dei supermercati? Nell’esposto presentato dall’Unc all’Antitrust lo scorso 8 aprile, si legge, ad esempio, di mozzarelle vendute a pezzi da 100 grammi, anziché i canonici 125, di caffè in confezioni da 225 grammi anziché 250. Secondo le rilevazioni citate da Today, ci sono anche tavolette di cioccolato passate da 100 a 90 grammi e le bibite, vendute in bottiglie da 1,35 litri anziché 1,5.
I rincari rispetto al 2021
La guerra in Ucraina ha esasperato un fenomeno che era già diffuso nella seconda parte del 2021: l’aumento dei prezzi in questi mesi ha avuto un forte impatto sulla spesa degli italiani. Lo scorso mese, l’inflazione ha raggiunto il 6,7%, che si traduce in aumento della spesa annua in alimentari per una famiglia tipo di 373 euro. Tra i rincari maggiori degli alimentari rispetto alla primavera 2021 spiccano frutta (+7,8%) e verdura fresca (+12%), uova (+9,3%), olio di oliva (+6,1%), farina (+17,1%), burro (+15,7%) e gli oli vegetali diversi da quello d’oliva (+63,5%).
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