L’appello dei giornalisti e le notizie sugli stupri: cosa c’è dietro la cacciata di Lyudmila Denisova
Ieri la Verkhovna Rada, il parlamento ucraino, ha licenziato con un voto di sfiducia Lyudmila Denisova, la commissaria parlamentare per i diritti umani, con 234 voti favorevoli. Denisova nei giorni scorsi aveva accusato il presidente Volodymyr Zelensky di aver invitato direttamente i deputati a votare per la sua destituzione, sostenendo che fosse un atto anticostituzionale. La sessantunenne di origine russa, è stata nominata commissaria quattro anni fa; in precedenza era stata ministra nei governi di Yulia Tymoshenko (2007-2010) e Arseniy Yatsenyuk (2014). E proprio l’opposizione ucraina ha votato no alla sua destituzione.
Denisova ha sostenuto che Zelensky la disapprovasse «in merito alla raccolta dei dati sulla violazione dei diritti umani nei territori occupati». Il riferimento è a un episodio raccontato dall’agenzia di stampa Unian: il 27 aprile di quest’anno il suo predecessore Mykola Kuleba ha accusato Denisova di aver fornito informazioni agli occupanti sul nascondiglio di 58 bambini a Cherson. Pavlo Frolov, deputato di “Servitore del Popolo”, il partito del presidente, ha sostenuto che i motivi del licenziamento di Denisova comprendono il ripetuto mancato adempimento alle sue funzioni relative all’istituzione di corridoi umanitari, alla protezione e scambio di prigionieri, al contrasto alla deportazione di adulti e bambini dai territori occupati e ad altre attività per i diritti umani.
Inoltre, ha sottolineato Frolov, l’ormai ex commissaria ha trascorso molto tempo all’estero non nell’ambito di viaggi di lavoro dopo il mese di febbraio. Ma soprattutto, secondo il parlamento, Denisova ha concentrato la sua attività mediatica sui numerosi dettagli relativi agli abusi sessuali su adulti e minori nei territori occupati che non erano supportati da prove e hanno danneggiato solo l’Ucraina. Il 25 maggio scorso decine di giornalisti hanno firmato un appello per chiederle di adeguare la sua comunicazione all’etica della diffusione di tali informazioni sensibili. Sostenendo che i crimini sessuali non devono essere oggetto di cronaca scandalistica. Anche perché, come hanno spiegato i firmatari, il suo ufficio è una fonte ufficiale e quindi tutto quello che pubblica acquisisce lo status di informazione ufficiale.
L’appello dei giornalisti
Nell’appello i giornalisti stigmatizzano le affermazioni della Denisova su presunti stupri con un cucchiaio e di bambini violentati. Sostenendo che i dettagli orribili sono stati diffusi senza verifiche. E comunque che non possono servire per solleticare le emozioni del pubblico. Infine, concludono la lettera aperta chiedendo di pubblicare solo fatti verificati, segnalare quelli per cui si sono già aperti procedimenti penali, evitare di dettagliare eccessivamente i fatti e usare una terminologia corretta, curando la privacy delle vittime e non consentendo una loro non voluta identificazione. La Denisova ha pubblicato sul suo canale Telegram la sua risposta: «Sono stata licenziata in violazione della Costituzione, delle leggi dell’Ucraina e degli standard internazionali. Farò ricorso in tribunale contro questa decisione. La legge è uguale per tutti e io non mi fermo: continuerò a difendere l’Ucraina e i diritti dei nostri cittadini».
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