Giornata mondiale disturbi alimentari, «Io lotto ancora»: la voce di Rossana e dei giovani che chiedono aiuto – I video
«Sono Rossana e lotto ancora». Così una delle protagoniste di Anime Affamate, il web reportage di Open sull’epidemia silenziosa dei disturbi alimentari, racconta di una battaglia che continua a combattere. Oggi, nella giornata mondiale dedicata ai disturbi della nutrizione, la sua storia si unisce a quella di migliaia di giovanissimi alle prese con una salute mentale che non riescono più a controllare. A 26 anni Rossana entra nella solitudine di un lockdown fisico ed emotivo imposto dalla pandemia, nello stesso tempo perde il lavoro. «L’azienda mi ha chiamato per dirmi che non poteva più tenermi a causa della crisi, da lì sono sprofondata». L’unica cosa che la giovane riesce a controllare in quel mondo pieno di caos è il suo corpo. «Mi ero convinta di essere brava sono nel lavoro, che soltanto lavorando avrei goduto la stima della società, della mia famiglia, di chi mi aveva sempre rispettato».
Comincia per Rossana una vita completamente stravolta dalla malattia, costretta spesso a vivere nel silenzio di chi non la comprende e nella difficoltà di un sistema sanitario che spesso gli volta le spalle. «Mi ritrovo a 26 anni con il corpo di una persona anziana. Perennemente stanca, con i muscoli che non riescono a reggermi più, formicolii alle mani, nocche viola, osteoporosi, con un’insonnia perenne che ti porta a svegliarti nel cuore della notte solo perché non hai mangiato abbastanza e il tuo cervello ha fame».
«Senza nessun supporto psicologico»
«Ho iniziato subito a cercare uno psicologo, perché per quanto possa essere una malattia fisica all’80% parte tutto dalla testa». Rossana ha capito che il suo non è «un semplice problema con il cibo» o un «capriccio», come le dice qualcuno, ma un profondo disagio mentale. Chi non ha ancora compreso l’urgenza di assistere i più di 2 milioni di giovani con un disturbo alimentare e quindi mentale è il sistema sanitario. «Nel pubblico ti lasciano sostanzialmente il tempo che trovano. La ricaduta che ho avuto durante l’estate era perché nella parte psicologica non sono stata seguita per nulla, sono andata avanti così per un mese e mezzo. Lasciata completamente da sola». L’alternativa allora è rivolgersi al sistema privato (anche in questo caso non in grado di accogliere l’enorme richiesta d’aiuto) con costi sempre più privativi. «Faccio l’operaia in fabbrica. Non ho chissà quale entrata. Con una casa, una macchina, curarsi diventa un privilegio».
«I giovani muoiono per mancato accesso alle cure»
A parlare in Anime Affamate è una delle luminari italiane sul tema dei disturbi alimentari, la dottoressa Laura Dalla Ragione. Sono 3mila i giovani che muoiono ogni anno per cause legate ai disturbi dell’alimentazione ed è soltanto una stima. Come risponde il Paese di fronte all’emergenza di una generazione che vive i suoi drammi da sola? «La metà delle regioni italiane non ha una rete completa di assistenza per i Dca», spiega la dottoressa. «Dove non ci sono ambulatori e day hospital, le decine di casi vengono intercettati molto tardi lasciando alla malattia il tempo di aggravarsi. Non è una patologia che va in remissione da sola».
Mentre il dato epidemiologico è molto omogeneo e i 3 milioni di persone che soffrono di un disturbo alimentare sono diffusi in tutto il Paese, sul piano dei decessi la questione cambia. «La differenza tra regione e regione si evidenzia sul tasso di mortalità: si continua a morire di più nei territori dove non ci sono le strutture. La maggior parte delle persone e dei giovani deceduti non hanno avuto accesso alle cure. Non si sono mai curati». La dottoressa Dalla Ragione continua: «Oggi non si muore di un disturbo alimentare, i giovani muoiono perché non c’è nessuno che li cura».
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