Concorso giudici tributari, è polemica: «Discrimina i laureati in economia»
Scoppia la polemica sul modo con cui il Pnrr ha riformato il sistema della giustizia tributaria. La misura prevede infatti la sostituzione dei giudici onorari (ovvero professionisti prestati alla toga) con magistrati tributari a tempo pieno e specializzati in materia. Tuttavia, l’articolo 4-bis della misura approvata dal governo a maggio preclude la possibilità di svolgere la professione ai laureati in economia, riservando la posizione solo a chi ha conseguito il «diploma di laurea in giurisprudenza, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni».
La protesta dei commercialisti
«Questa riserva ci ha lasciato perplessi, perché fa venire meno delle competenze tecniche e distintive di cui nel giudizio tributario c’è bisogno», ha spiegato a Il Messaggero Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti. La riforma rappresenterebbe una «discriminazione ingiustificata» contro i «laureati in economia»: de Nuccio ricorda come gli insegnamenti di contabilità aziendale e bilancio, per esempio, spesso non siano previsti nei programmi di giurisprudenza, mentre chi è laureato in scienze economiche o economico-aziendali ha sicuramente superato esami a riguardo.
Il concorso propedeutico all’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti, inoltre, prevede quattro prove (tre scritte e una orale) sulle conoscenze acquisite riguardo gran parte delle materie necessarie alla nomina di magistrato tributario, come la ragioneria, la revisione aziendale e la finanza aziendale. «Questo evidenzia che i soggetti che hanno conseguito i predetti diplomi di laurea hanno piena legittimazione a rientrare nel novero dei soggetti ammessi al concorso», conclude de Nuccio, che ha scritto al ministro dell’Economia Daniele Franco, a quello della Giustizia Marta Cartabia e a tutti i presidenti di Commissione interessati dal provvedimento: a nome della sua categoria, chiede che il disegno di legge venga modificato.
Le nuove disposizioni
Il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri specifica che «l’intervento normativo ha la finalità di raggiungere, entro il 31 dicembre 2022, l’obiettivo posto dal PNRR di rendere più celere il contenzioso tributario, (…) riducendo contestualmente l’elevato numero di ricorsi in Cassazione». A questo proposito, dunque, prevede quattro punti cardine: il primo è, appunto, la professionalizzazione dei magistrati tributari. A seguire, il rafforzamento dell’organo di autogoverno della giustizia tributaria (e la conseguente istituzione di un Ufficio ispettivo a tutela del corretto esercizio e funzionamento degli organi della giustizia tributaria, a fianco di un Ufficio del Massimario nazionale, per garantire l’uniformità di giudizio per fattispecie analoghe). Poi, il potenziamento della struttura amministrativa a supporto della Giustizia tributaria, e infine interventi sul processo, introducendo nuove apposite misure come quelle deflattive del contenzioso, ovvero volte a prevenire o ridurre il più possibile quest’ultimo.
Leggi anche:
- Referendum giustizia, Salvini chiede l’intervento di Draghi e Mattarella: «È in corso una campagna di censura, dicano qualcosa»
- Lo sciopero dei magistrati spacca le toghe sulla riforma della Giustizia, adesione non supera il 50%
- Giustizia, i magistrati scioperano contro la riforma Cartabia: «Costretti a fermarci per essere ascoltati»
- Italia Viva contro la riforma Cartabia. Cosimo Ferri: «Il ministro ci ha escluso da ogni trattativa» – L’intervista
- Renzi silura la riforma della Giustizia della ministra Cartabia: «È inutile, non la voteremo»