Brunetta torna a criticare il salario minimo: «Le soluzioni sono altre, un buon contratto vale di più»
Secondo il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta, intorno al tema del salario minimo abbiamo assistito per giorni a un «grande malinteso». Dalle colonne del Corriere della Sera di oggi, 10 giugno, Brunetta dice che sono state «mescolate tre questioni che, invece, devono restare distinte». Il riferimento è a una «criticità strutturale» nei salari italiani, legata a «bassa produttività e bassa crescita», a cui si aggiungono le misure per i cosiddetti «working poor» e il fenomeno dei contratti «pirata». Il terzo elemento individuato dal Ministro è relativo agli «interventi per contrastare la riduzione del potere d’acquisto dei salari per effetto dell’inflazione in aumento». Secondo Brunetta, una iniziativa che fosse basata sull’accordo Ue sul salario minimo non sarebbe in grado di risolvere questi tre problemi.
Il Ministro cita il sistema di contrattazione collettiva vigente nel nostro Paese, specificando che, sebbene «su 1.000 contratti depositati, sono solo 419 i contratti collettivi nazionali effettivamente utilizzati e appena 162 quelli sottoscritti da Cgil-Cisl-Uil», questi 162 accordi «coprono 12,5 milioni di lavoratori dipendenti, pari al 97% del totale dei 12,9 milioni di rapporti di lavoro dichiarati nelle comunicazioni Uniemens all’Inps». Questo a riprova della «sostanziale tenuta del sistema di contrattazione collettiva» governato dai sindacati confederali, che permetterebbe all’Italia di ergersi come un esempio positivo rispetto agli altri Paesi di area Ocse: a detta di Brunetta, «un buon contratto vale molto più di una tariffa minima oraria».
Rinnovare i contratti, tagliare il cuneo, premiare la produttività
Il Ministro sostiene che «in tutti i settori» del mercato del lavoro italiano verrebbe offerta una retribuzione «di gran lunga superiore» ai 3 o ai 4 euro lordi all’ora: «Un’eventuale legge sui minimi retributivi, attestata anche sui 9 euro lordi, potrebbe comportare una fuga dal sistema di contrattazione collettiva, perché decisamente più oneroso per le imprese e i datori di lavoro». Secondo Brunetta, il problema del lavoro povero non verrebbe risolto con un salario minimo legale, in quanto – dice – il fenomeno dipende da altri fattori come lavoro nero, finti tirocini e finte partite Iva. Le soluzioni che dunque propone riguardano l’incremento dei controlli ispettivi a legislazione vigente così come gli incentivi (insistendo con la detassazione del salario variabile e la decontribuzione del salario di produttività).
Le risorse per abbattere il cuneo fiscale e aumentare le paghe nette dei lavoratori italiani dovrebbero essere rintracciate nella crescita della produttività, dice Brunetta. Infine, per affrontare l’emergenza del calo del potere d’acquisto legato all’inflazione, «il Governo continuerà a battersi nell’Ue per il price cap, il tetto al prezzo del gas utile a frenare l’aumento dei prezzi, e a tutelare famiglie e imprese dal caro bollette e dal caro carburante».
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