Cartabellotta (Gimbe): «Un vaccino per Omicron? Forse non arriverà. Bisogna continuare a usare quelli di oggi»
Il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta spiega oggi in un’intervista rilasciata a il Fatto Quotidiano che il vaccino contro la variante Omicron del Coronavirus potrebbe non arrivare in tempo. Mentre per quello contro tutte le varianti gli studi sono ancora in fase preliminare. Per questo bisogna accelerare su terza e quarta dose. Anche in previsione della nuova ondata autunnale in arrivo. Gli attuali vaccini, sostiene Cartabellotta nel colloquio con Stefano Caselli, «nonostante siano “tarati ”sul ceppo di Wuhan, sono in grado di indurre un’elevata risposta immunitaria e, soprattutto, un’eccellente protezione nei confronti della malattia grave. Ragion per cui, è fondamentale aumentare la copertura degli over 50 e completare il ciclo con la terza dose (oltre 8 milioni di persone non l’hanno fatto)».
Terza e quarta dose
Ma soprattutto, sostiene il presidente della Fondazione Gimbe, «bisogna somministrare al più presto la quarta nelle persone vulnerabili per tre ragioni: il declino della copertura vaccinale sulla malattia grave dopo 120 giorni, l’aumento del tasso di mortalità negli anziani, in particolare over 80 già vaccinati con tre dosi, e il consolidamento delle prove di efficacia del secondo booster nel ridurre gli effetti gravi della malattia». Per quanto riguarda la produzione di un vaccino contro Omicron, «i tempi per produrre evidenze sull’efficacia dei vaccini “aggiornati” nei confronti della malattia grave rischiano di essere troppo lunghi rispetto a nuove emergenze. L’industria potrebbe non avere le motivazioni per investire in questa direzione. Diverso è il caso del vaccino “pan-varianti”, in grado di proteggere da tutte le attuali e future. Qui gli studi sono ancora in una fase preliminare e, di conseguenza, i tempi per avere certezze sono lunghi e non prevedibili».
Infine, sulla nuova ondata autunnale, per Cartabellotta «gli scenari futuri sono legati a tre variabili. Innanzitutto, l’emergere di nuove varianti più contagiose, più gravi o in grado di evadere la risposta immunitaria; in secondo luogo, la durata della copertura vaccinale nei confronti della malattia grave, condizionata anche dall’arrivo dei nuovi vaccini adattati alle varianti; infine, la copertura globale delle vaccinazioni, ancora inferiore a quanto auspicato».
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