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Referendum, Calderoli spiega il flop: «Un complotto: così Corte costituzionale e governo hanno affossato i quesiti» – Il video

L'ex ministro accusa il governo anche della scelta del giorno del voto, cioè il «primo fine settimana con le scuole chiuse»

A spoglio ancora in corso, ma con il quorum chiaramente irraggiungibile, tocca al leghista Roberto Calderoli tirare le somme della campagna referendaria fallita. Dal quartier generale della Lega in via Bellerio a Milano, l’ex ministro elenca i colpevoli della sconfitta, a cominciare da quello che chiama chiaro e tondo un complotto: «Spiace rispetto a una serie di concause che hanno portato a questo risultato. Non ho il minimo problema a dire che, secondo me, c’è stato un complotto che ha agito con singoli soggetti, magari non in forma associativa, ma ciascuno ci ha messo del suo, perché questo quorum non potesse essere raggiunto».

I segnali scoraggianti sarebbero iniziati sin dall’approvazione dei quesiti referendari, quando la Corte costituzionale: «ha negato l’ammissione di quello sulla responsabilità diretta dei magistrati – ha detto Calderoli – Era quello che, nella raccolta delle firme, aveva il gradimento più alto da parte del cittadini e avrebbe potuto avere più attrattività. Nella stessa giornata erano stare respinte le richieste su cannabis ed eutanasia. Al di là delle opinioni, erano tutti e tre quesiti fortemente attrattivi. È un po’ un peccato originale del percorso referendario».

Non esente da colpe anche il governo Draghi, dice Calderoli, tanto per aver spinto l’acceleratore a maggio sull’approvazione della riforma Cartabia: «così da far venir meno tre dei quesiti referendari». Altra responsabilità andrebbe alla scelta dell’electron day: «Questa volontà del governo si è manifestata anche nell’individuazione del 12 giugno per lo svolgimento dei referendum, ovvero il primo fine settimana con le scuole chiuse e col venire meno di tutte le limitazioni Covid dopo due anni».

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