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La Germania contro lo stop Ue alle auto a combustione entro il 2035, verso il veto di Berlino: ma anche il governo tedesco è spaccato

21 Giugno 2022 - 21:06 Ygnazia Cigna
Lo scontro a Berlino non è tanto diverso da quello in corso anche nel governo italiano, con i ministri Giorgetti e Cingolani contrari allo stop imposto da Bruxelles

La Germania potrebbe mettere il veto sul progetto europeo dello stop completo dal 2035 dei veicoli che hanno motori inquinanti. Lo ha annunciato il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, durante la Giornata dell’industria che si è svolta a Berlino. Si tratta di una parte importante del pacchetto “Fit for 55”, il quale comprende 8 dossier legislativi che mirano a un taglio delle emissioni del 55 per cento entro il 2030. La proposta di vietare la vendita di automobili e furgoni a benzina, diesel e a Gpl è quella più divisiva in Europa. Il governo tedesco infatti sembra non avere ancora una linea comune, ci sono diverse spaccature su come posizionarsi, così come in Italia. Il ministro tedesco ha fatto notare che in molte regioni del mondo non potranno essere introdotti veicoli elettrici per diversi decenni, elemento che potrebbe creare problemi alla competitività tedesca. Inoltre, a suo avviso, si tratta di un progetto europeo che non è «tecnologicamente aperto».

«I carburanti sintetici rappresentano un’opzione neutrale dal punto di vista climatico per il motore a combustione interna, che continuerà a essere utilizzato ancora a lungo a livello globale. Dobbiamo preservare questa strada per i nostri posti di lavoro», ha scritto su Twitter. Non è invece d’accordo la ministra dell’Ambiente, Steffi Lemke, che invece appoggia tutte le proposte legislative del pacchetto europeo e che, nonostante le evidenti contrarietà interne, ha parlato di un governo tedesco tutto allineato nell’appoggio alla misura europea.

La spaccatura in Italia

Quelle tedesche sono posizioni e preoccupazioni vicine a quelle che arrivano dall’Italia: il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, aveva definito la proposta «una delusione e una scelta ideologica». Della stessa linea è anche il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, che ha evidenziato la necessità di seguire la direzione della «neutralità tecnologica», ovvero di investire sul nostro mercato, così da non cadere «schiavi» di altri. Sia Cingolani che Giorgetti si riferiscono alla Cina, che in questo momento è leader nella mobilità elettrica e ha il monopolio sulla produzione di batterie elettriche.

La spaccatura nel governo è profonda anche nel nostro paese: il ministro del Lavoro Andrea Orlando ritiene che sia un passaggio che non può essere evitato, pertanto accoglie la proposta dell’Ue. Anche Enrico Giovannini, ai Trasporti, si dice favorevole e ritiene che un’apertura all’elettrico in questo senso potrà aprire l’Italia a «nuove grandi opportunità di produzione».

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