Esplode l’ira dei M5s per l’altolà di Franceschini: «Vogliono ridurci al 2%»
Le chat dei parlamentari del M5s si sono trasformate in una polveriera pronta a esplodere, dopo l’aut aut del ministro Franceschini con cui ha avvertito i pentastellati che, in caso di uscita dall’attuale governo, alle prossime elezioni dovranno vedersela da soli, senza appoggio da parte del Pd. Nel M5s non si è ancora placato il clima dopo l’addio di Di Maio, e le parole del ministro della Cultura hanno ulteriormente mandato in fibrillazione deputati e senatori grillini, che accusano i dem di «minacciarli» e di volerli «mandare al 2%». Si respira quindi un clima tesissimo in casa 5 Stelle, poco prima del Consiglio nazionale convocato da Conte e del faccia a faccia tra il presidente del M5s e il premier Draghi.
Un Consiglio nazionale che, anche alla luce di tutti questi scossoni, si preannuncia non facile, dato che al suo interno esiste una fronda governista e una che invece preferirebbe uscire dall’esecutivo e tornare all’opposizione. Ma i timori non finiscono qui, perché a prescindere da quella che saranno le decisioni finale che Conte presenterà durante il colloquio con il premier Draghi, una delle due parti rimarrà inevitabilmente delusa. Di conseguenza non si escludono ulteriori dipartite dal Movimento.
Il sondaggio della discordia
Ma non è tutto qui. Perché al di là delle parole di Franceschini e dei dem, molti grillini sarebbero propensi a uscire dal governo e starebbero pensando di correre in solitaria alle prossime elezioni anche a causa di un sondaggio riservato realizzato da Swg. Dalla rilevazione emerge infatti che il 50 per cento dei sostenitori del M5S preferirebbe che il M5s si presentasse da solo alle prossime elezioni, senza appoggiarsi ad altre forze, tra cui il Pd. Dal sondaggio emerge però anche che, qualora il M5s dovesse allearsi con altre forze politiche in vista delle prossime elezioni, 1 sostenitore su 3 vorrebbe che il Movimento si unisse alle forze dell’area dem, mentre l’alleanza con forze di centrodestra, secondo gli elettori M5s, è pressoché da escludersi.
L’incontro tra Draghi e Conte
Oltre al Consiglio nazionale, però, ci sarà il faccia a faccia tra Conte e Mario Draghi. Da parte sua, il premier ha dichiarato: non vuole entrare nelle questioni di partito, non ha mai richiesto “la testa” di Conte, non c’è stata alcuna una sua interferenza nella decisione di Luigi Di Maio di lasciare i 5Stelle. Draghi ha più volte ripetuto di aver preso atto della decisione del ministro degli Esteri di voler lasciare il Movimento solo all’ultimo, nella mattinata del 21 giugno, ossia il giorno stesso in cui l’ex leader del M5s ha deciso di abbandonare il Movimento. Non prima.
Draghi, poi, con chiarezza, nella ultima sua conferenza stampa ha precisato che non intende guidare una maggioranza di governo diversa rispetto a quella attuale, che comprende anche i 5Stelle, e ha escluso che il governo proseguirà la propria attività se i pentastellati dovesse decidere di uscire dalla maggioranza e continuare a sostenere l’esecutivo con un appoggio esterno.
Del resto la cosiddetta agenda Draghi resta quella concordata con le forze che hanno dato vita a questo esecutivo, incluso il M5s. L’agenda Draghi non cambia, insomma. Servirà però cercare una convergenza. Ma su quali temi? Sui cosiddetti “cavalli di battaglia” del M5s. Di certo, è escluso un ripensamento da parte del premier sull’invio delle armi in Ucraina, così come sulla questione del termovalorizzatore a Roma.
E allora uno degli spiragli per ricucire e trovare un’intesa potrebbe essere il dossier relativo al Reddito di cittadinanza, andato a limare l’emendamento presentato dal centrodestra che, di fatto, ridimensionerebbe la misura bandiera del M5s.
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