Cos’è un seracco e perché il suo distacco ha causato la tragedia della Marmolada
I soccorritori hanno sospeso a mezzanotte le ricerche nella tragedia della Marmolada. Le vittime al momento sono 6, i dispersi 15. Alle prime luci del giorno verrà effettuato un nuovo briefing presso la sala operativa allestita presso la caserma dei vigili del fuoco di Canazei. A causarla è stato il distacco di un seracco, ovvero un ghiacciaio a forma di torre o pinnacolo che di solito deriva dall’apertura di crepacci. Al contrario della valanghe, il crollo di un seracco è più difficile da prevedere. Perché di norma non dipende dalle condizioni meteorologiche del momento, ma dai meccanismi che regolano il movimento del ghiacciaio. Nel caso della tragedia della Marmolada gli esperti individuano un chiaro colpevole: il cambiamento climatico. Nella zona ieri è stata registrata la temperatura record di 10,3 gradi, con la minima che la scorsa notte è rimasta sempre sopra i 5 gradi. Lo zero termico è oltre i 4 mila metri.
Un crollo a 300 chilometri l’ora
Secondo i tecnici del Soccorso Alpino il seracco è sceso a valle con una velocità di 300 chilometri l’ora. La mappatura dell’area ha consentito di affermare che una parte consistente del ghiacciaio è ancora attaccata alla montagna. A venire giù è stata proprio una parte della cima della Marmolada, un ghiacciaio che ha centinaia di anni: il crollo si è verificato attorno ai 3 mila metri, 300 metri sotto la vetta, mentre le ricerche si sono concentrate ad una quota più bassa, tra i 2.500 e i 2.800 metri. Un fronte di ghiaccio di 200 metri con un’altezza di 60 metri ed una profondità di 80. Il tutto esposto a 45 gradi di pendenza. Il materiale che si è staccato è invece esteso su un fronte di due chilometri sulla via normale ad un’altezza di circa 2.800 metri: e questo significa, appunto, che la massa di materiale staccatosi ha percorso almeno 500 metri con una velocità stimata dai tecnici pari a 300 km l’ora.
Il glaciologo del Cnr Renato Colucci ha confermato ieri che la tragedia della Marmolada è stata causata dal distacco del seracco: «C’è stata cioè la frattura con relativo scorrimento verso valle, di un grosso pezzo di ghiacciaio, nei pressi della cima della Marmolada». Una frattura dovuta «a diverse cause, una di lungo periodo e due di breve periodo. Quella di lungo periodo è ascrivibile al riscaldamento globale, al fatto cioè che il ghiacciaio si sta riducendo e quindi è sempre più fragile». A cui si aggiunge «il fatto che quest’anno ha nevicato poco, quindi c’è poca neve residua che protegge il ghiacciaio dal caldo estivo, ma soprattutto che sono settimane e settimane nel corso delle quali abbiamo registrato valori di temperatura straordinariamente elevati, molto al di sopra delle medie normali di giugno e luglio».
La Marmolada a rischio scomparsa
Il professor Massimo Frezzotti, docente a Roma Tre e per 7 anni presidente del Comitato Glaciologico Italiano, conferma il maggiore indiziato. «Negli ultimi 70 anni quel ghiacciaio ha perso oltre l’80% del suo volume. La sua superficie è passata dai circa 500 ettari stimati nel 1888 ai 123 ettari del 2018. Dal 2010 al 2020 il fronte è arretrato in media di 10 metri l’anno. E questo significa che, con l’andamento del cambiamento climatico che ben conosciamo, la sorte della Marmolada è segnata», spiega in un’intervista a il Resto del Carlino. E pronostica: «Con il trend degli ultimi 3 anni, 9 ettari all’anno, buona parte del ghiacciaio potrebbe scomparire già nel 2031-2033. Diciamo che quel ghiacciaio scomparirà tra il 2.030 e il 2.050 e questo vale per tutti i ghiacciai alpini al di sotto dei tremila metri».
Il procuratore di Trento Sandro Raimondi sulla vicenda ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Le domande alle quali il pm dovrà rispondere sono: è davvero solo colpa del clima o c’è anche qualche responsabilità umana? Si poteva prevedere il disastro della Marmolada? Il geologo Mario Tozzi su La Stampa prova a dare una risposta: il passaggio da condizioni sotto lo zero a condizioni sopra lo zero termico risulta determinante per determinare i distacchi, premette. Poi spiega: «È sempre il cambiamento climatico che ci sta mostrando le sue diverse facce. Da un lato la siccità oltre ogni memoria che si registra nella Valle del Po, le ondate di calore nelle aree urbane, la mancanza di piogge, dall’altro la fusione accelerata di nevi e ghiacci che ha portato già all’estinzione del ghiacciaio più meridionale d’Europa (il Calderone, al Gran Sasso d’Italia) e porterà, nei prossimi anni, alla fine di quelli alpini».
I seracchi crollano d’inverno e d’estate
Il climatologo Luca Mercalli su il Fatto Quotidiano aggiunge che di norma i seracchi si staccano collassando per il movimento su se stessi indotto dalla pendenza, ma il ghiaccio basale rimane incollato alla roccia per via delle temperature che dovrebbero essere sotto lo zero. «Ma sulla Marmolada non eravamo in presenza di una vasta seraccata sospesa – spiega – bensì di un bacino di alimentazione glaciale di versante, percorso solamente da alcuni crepacci. Ecco dunque che il caldo, con zero termico che da una settimana è oltre i 4.000 metri con punte di 4.700 ma mezzogiorno di sabato 2 luglio, e più di una decina di gradi a 3.000 metri giorno e notte, può essere stato il fattore scatenante per l’accumulo di acqua di fusione penetrata nei crepacci».
Secondo Mercalli le vittime non si sarebbero potute evitare: «Prevedere con precisione luogo e modalità di un simile evento non era possibile. Certamente lo stato critico di tutti i ghiacciai per la carenza di neve e il caldo anomalo costituivano elementi di ulteriore prudenza per gli alpinisti, ma si sarebbero dovuti chiudere i ghiacciai di tutte le Alpi, dalla Francia all’Austria, a scopo preventivo. Un provvedimento irrealistico».
La tragedia più grave
Sono state intanto identificate quattro delle sei vittime della tragedia della Marmolada. Si tratta di tre cittadini italiani, mentre il quarto è di nazionalità ceca. Restano da identificare un uomo ed una donna. Fra i dispersi ci sono sicuramente italiani, tedeschi e cechi, e probabilmente anche romeni. Per questo il numero dei morti potrebbe ancora aumentare. La tragedia più grave sulla Marmolada risale a oltre un secolo fa.
L’agenzia di stampa Agi ricorda che erano le ore 5,30 del 13 dicembre del 1916 quando una slavina staccatasi da Punta Penia causò la morte sul colpo di 272 soldati austriaci che si trovavano nel baraccamento nella conca del Gran Poz. Il numero totale delle vittime restò ignoto a causa del segreto militare. A perire i soldati della 90ma Divisione di Fanteria dell’esercito austro-ungarico. Una valanga provocata dalle forti nevicate: erano sette giorni che nevicava interrottamente.