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Omicidio Ciatti, pena minima per Bissoultanov. La rabbia del padre di Niccolò contro il giudice spagnolo

05 Luglio 2022 - 16:25 Ygnazia Cigna
L'accusa aveva chiesto 24 anni di carcere il ragazzo ceceno, ma il giudice spagnolo ha deciso per la condanna meno grave. Il padre del giovane italiano ucciso dopo la sentenza: «Deve cambiare lavoro»

15 anni di carcere al ceceno Rassoul Bissoultanov per l’omicidio di Niccolò Ciatti del 12 agosto 2017 a Lloret del Mar, in Spagna. Lo riferisce il padre della vittima, Luigi Ciatti, sul suo profilo Facebook dicendosi insoddisfatto. A decidere la pena il presidente del Tribunale di Girona. «Penso che dovrebbe studiare la parola Giustizia», si legge nel post di Ciatti. «Giustificare una sentenza del genere con “per quanto possa sembrare duro ai parenti” credo che veramente dovrebbe cambiare lavoro», scrive chiedendo poi nuovamente giustizia per il figlio. Diversi i post che ha dedicato al figlio. In un altro scrive: «Ci troviamo di fronte persone che dovrebbero essere dalla nostra parte, invece sono al fianco degli assassini. Siete la vergogna di un mondo civile». Niccolò Ciatti, fiorentino allora 22 enne, venne colpito con un calcio alla tempia durante una rissa di un gruppo di ceceni nella discoteca St Trop.

FACEBOOK | Screenshot post Luigi Ciatti, 5 luglio 2022
FACEBOOK | Screenshot post Luigi Ciatti, 5 luglio 2022

Il processo

L’accusa aveva chiesto 24 anni di carcere e il 3 giugno era arrivata la sentenza di condanna. Aperto il 30 maggio il processo era stato chiuso in meno di una settimana con la decisione della giuria popolare che aveva confermato l’intenzionalità di omicidio nel calcio del ceceno. Gli anni della pena spettavano poi al giudice. Il Tribunale di Girona aveva invece assolto l’amico di Bissoultanov, Movsar Magomadov, poiché testimone del tragico evento e non complice. Anche in Italia è in corso un processo, che verrà ripreso l’8 luglio. Il 22 giugno la Corte d’assise di Roma aveva definito «infondata» la richiesta degli avvocati del ceceno Bissoultanov che chiedevano di chiudere il processo in Italia secondo il principio del ne bis in idem, ovvero non fare un’ulteriore sentenza considerata già quella spagnola.

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