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La pista della mano umana nell’incendio degli autodemolitori di Centocelle: il rogo partito dall’ex campo rom Casilino 900

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La pista della mafia dei rifiuti. Il fuoco partito dai rifiuti interrati. Gli insediamenti in zona sotto la lente

C’è la mano dell’uomo dietro l’incendio di via Casilina a Roma. Il rogo degli autodemolitori di Centocelle è partito da un manufatto nelle vicinanze del Casilino 900, l’ex campo rom sgomberato. Qui qualcuno aveva trasformato la zona ancora da bonificare in un centro di smaltimento rifiuti. E qui sono stati trovati almeno tre punti di innesco delle fiamme. Dove qualcuno avrebbe utilizzato la diavolina e stracci imbevuti di liquido infiammabile per alimentare il fuoco. La pista della “mafia dei rifiuti“, già sollevata dal Partito Democratico di Roma, è una di quelle seguite dagli inquirenti. A piazzale Clodio sono arrivate le prime informative dalle forze dell’ordine. Intervenute ieri nella zona di viale Palmiro Togliatti, dove le fiamme hanno di fatto distrutto alcuni autodemolitori, per poter procedere all’apertura formale di un fascicolo di indagine.

Il campo rom Casilino 900

Un procedimento che verrà coordinato anche dal procuratore capo Francesco Lo Voi che proprio nella serata di sabato ha avuto un colloquio con il sindaco Roberto Gualtieri. Il Campidoglio presenterà oggi un esposto in procura. Intanto il primo cittadino racconta al Corriere della Sera che l’incendio è partito da un terreno adiacente a quello degli autodemolitori. Dove ci sono rifiuti interrati dai tempi della demolizione dei Campi Casilino 700 e 900. Da lì si è esteso agli autodemolitori abusivi: «Quella del parco di Centocelle è una delle tante incredibili “incompiute” di questa città su cui stiamo intervenendo dal primo giorno di consiliatura con risorse apposite che abbiamo messo in bilancio. Purtroppo Roma è piena di situazioni di questo tipo». Il Messaggero scrive che in zona avevano trovato riparo nelle scorse settimane alcuni nomadi “cavallari”.

Questi avevano subito uno sgombero nei giorni scorsi. Ieri intanto è stato il turno del sopralluogo della Polizia Scientifica. Che ha acquisito le immagini delle telecamere di zona e ascoltato anche alcuni volontari del parco che invece hanno visto partire il fumo dalla zona archeologica. Poi un’altra nube dal luogo degli sfasci. L’edizione romana di Repubblica invece dice che il rogo è divampato non lontano dalla cittadella militare sede del Comando Operativo di vertice interforze della Difesa (Coi). Da lì le fiamme hanno inghiottito gli altri sei accampamenti di senza dimora (letti, padelle, materassi, griglie per cucinare con il fuoco a legna) sul versante di viale Palmiro Togliatti, proprio alle spalle degli sfasciacarrozze. L’idea che le fiamme siano invece partite accidentalmente dagli accampamenti abusivi non è scartata a priori.

La mafia degli sfasci

Se invece alla fine prevalesse la pista della mafia il procedimento potrebbe finire all’attenzione dei magistrati della Dda. Negli ultimi anni sono stati molti i roghi che hanno interessato gli autodemolitori, dietro i quali spesso si annida l’attività della criminalità organizzata. Nel 2017 i pm avviarono una maxindagine dopo una serie di incendi avvenuti in diverse autorimesse nella zona di Appia Nuova, Magliana, Centocelle e Pietralata. Un procedimento che puntava ad accertare una eventuale strategia unica, orchestrata per colpire un business fiorente. Si tratta, infatti, di strutture che si trovano lì da decenni, in alcuni casi da 40 anni.

Intanto Roma è alle prese con lo smaltimento dei rifiuti. Dopo il rogo nell’impianto Tmb di Malagrotta verrà riattivato l’impianto di Guidonia e verrà riaperta la discarica di Albano nei prossimi giorni. Intanto ancora operatori Ama che tornano al lavoro dopo le visite fiscali: dopo i 200 recuperati a maggio, a giugno se ne sono aggiunti altri 125. Dopo gli incentivi di Natale per aumentare l’indice di produttività e ripulire Roma il Campidoglio ha deciso una stretta con un potenziamento delle visite al personale in malattia. A maggio sono state 3.906 oltre il doppio del 2021-22. Dopo i controlli 200 sono tornati al lavoro.

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