In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
ATTUALITÀConcorsi pubbliciGenderLGBTQ+Polizia

Il concorso di polizia che «esclude chi ha disturbi dell’identità di genere». La replica: «Non valutiamo l’orientamento sessuale dei candidati»

12 Luglio 2022 - 09:33 Michela Morsa
Nel bando pubblicato il 16 maggio, con cui il ministero dell'Interno cerca 1381 nuovi agenti, la ricerca della propria identità di genere è sullo stesso piano di disturbi psichici come la schizofrenia

La ricerca della propria identità di genere paragonata ai disturbi mentali. Non è l’ennesima provocazione della propaganda omotransfobica, ma l’ultimo bando per entrare nella polizia di Stato. Il ministero dell’Interno, infatti, deve arruolare 1.381 nuovi agenti e li cerca con un nuovo concorso pubblicato il 16 maggio 2022 sul sito del Viminale. Il testo, com’è norma, indica le procedure da seguire per partecipare, i tempi e i requisiti richiesti. Peccato che, alla voce «disturbi mentali» che il candidato agente non può avere, appaia la dicitura «disturbi dell’identità di genere attuali o pregressi», ultima nell’elenco di tutte le psicopatologie e associata a «schizofrenia, disturbi dell’umore attuali o pregressi, disturbi dissociativi attuali o pregressi, disturbi d’ansia attuali o pregressi, disturbi somatoformi, disturbi da tic, disturbi della condotta alimentare attuali o pregressi, disturbi sessuali».

Ad accorgersene un aspirante poliziotto, che si è imbattuto nel riferimento nelle sette pagine di «Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato». Offeso e umiliato, si è rivolto all’avvocato Gian Maria Mosca. «Sono andato a guardare. Ho fatto gli screenshot dei link, anche a me ha molto colpito. Mi sembra un riferimento sbagliato in un contesto sbagliato. Perché lo pubblicano sui sito del ministero Interno?», ha commentato con La Stampa il legale, che ha presentato un’istanza alla ministra Luciana Lamorgese e al capo della polizia Lamberto Giannini, chiedendo di revocare la dicitura.

«Non risulta peraltro che il diritto all’identità di genere – espressione di libertà fondamentale – possa essere contemplato come disturbo mentale, alla stregua di schizofrenia, ritardo mentale o disturbi da tic (per fare solo alcuni esempi). Si aggiunga il fatto che la norma in questione richiama l’asserito “disturbo” in questione come ostativo anche se “pregresso”». In serata è arrivata la replica del Dipartimento di pubblica Sicurezza, che ha parlato di «notizia destituita di ogni fondamento».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti