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Usa, la Covid-19 ha reso più facile la diffusione di infezioni batteriche – Il report

13 Luglio 2022 - 18:05 Juanne Pili
Non solo antibiotico-resistenza. L'emergenza sanitaria ha messo in crisi anche la prevenzione delle infezioni dovute a batteri e funghi

Secondo un report dei Cdc americani (Centers for Disease Control and Prevention), la pandemia di Covid-19 e collegata a un incremento notevole delle infezioni dovute ai super-batteri negli ospedali americani, portando in alcuni casi anche al decesso dei pazienti. In epoca pre-pandemica avevamo visto che nelle corsie americane (come nel resto del mondo) è particolarmente sentita anche la minaccia dei super-funghi, come la Candida auris. In generale, il problema è quello della farmaco-resistenza (l’OMS aveva lanciato questo allarme da diverso tempo), perché contrariamente ai virus, funghi e batteri possono proliferare autonomamente, senza parassitare i sistemi di replicazione genetica delle cellule. L’antibiotico-resistenza è un fenomeno noto già dall’epoca del primo antibiotico, la penicillina.

«È automatico che i batteri, così come i funghi, cerchino in qualche modo di scappare con un meccanismo di mutazione genica al farmaco cui vengono esposti», spiegava a Open l’infettivologa Marianna Meschiari. Esiste anche il rischio di trovare una concomitanza tra SARS-CoV-2 e batteri, già noto fin dalle origini della pandemia; tanto che sono sorte speculazioni infondate, dove si sosteneva i casi gravi di Covid-19 fossero tali a causa di infezioni batteriche e che il nuovo Coronavirus fosse in realtà batteriofago, suggerendo l’utilizzo di antibiotici al posto dei vaccini per contrastare la diffusione della malattia.

Il documento in oggetto tratta di come l’emergenza sanitaria ha reso in generale più facile la vita di questi patogeni durante il 2020 in America. I numeri parlano chiaro: oltre 29.400 morti a causa della resistenza agli antimicrobici; circa il 40% aveva contratto l’infezione in ospedale; non è stato possibile invece stimare quanti di questi avesse avuto anche la Covid-19.

Cosa dice il report della Sanità americana

Il documento dei Cdc è frutto di un monitoraggio continuo, volto a tracciare la resistenza antimicrobica negli Stati Uniti e nel resto del mondo. «Sapere dove e come si verificano i cambiamenti nella resistenza ci aiuta a trovare soluzioni per prevenire la diffusione e la lenta resistenza – continua il report -, soprattutto nelle risposte alle epidemie». In generale le infezioni batteriche e fungine sono difficili da conteggiare, perché spesso non vengono diagnosticate o trattate in maniera corretta. Questo durante agli esordi della Covid-19 è stato determinante.

Pensiamo ad esempio ai pazienti con lievi infezioni intestinali (lasciamo da parte quelle virali) o respiratorie, come quelle causate dallo Streptococcus pneumoniae, che possono aver lasciato decorrere la malattia in casa senza cercare cure specifiche. Curiosamente ci sono anche infezioni batteriche che in America sono diminuite sostanzialmente, proprio perché le misure di contenimento dovute alla Covid-19 ne hanno contrastato la diffusione, come la Tubercolosi.

Perché questo parallelo tra pandemia e infezioni batteriche? Tutto si deve alla maggiore probabilità di diffusione proprio negli ospedali. Così l’emergenza sanitaria ha amplificato il problema. Pensiamo allora ai danni che si possono fare promuovendo cure alternative a base di antibiotici, come nel caso dell’Azitromicina, che a un certo punto in Italia era divenuta introvabile a causa di queste credenze infondate. Gli stessi medici – scarsamente informati -, hanno usato gli antibiotici come trattamento anti-Covid.

Il paradosso dell’emergenza sanitaria

Il report stima che da marzo a ottobre 2020 circa l’80% dei pazienti americani ospedalizzati hanno ricevuto un antibiotico, esponendoli solo al rischio di effetti collaterali e incrementando la resistenza dei batteri. Così nel 2020 in America, con l’incremento di pazienti che necessitavano una degenza prolungata, il rischio di infezioni batteriche è aumentato notevolmente. «Nel 2020, primo anno della pandemia – riporta il Washington Post -, le infezioni e le morti tra diversi agenti patogeni gravi sono aumentate complessivamente di circa il 15% rispetto al 2019 […]. Le infezioni di un batterio resistente ai farmaci particolarmente pericoloso che causa infezioni del flusso sanguigno e del tratto urinario sono salite alle stelle del 78% in un anno».

Si è venuta a creare una situazione paradossale, per cui l’emergenza spingeva il personale a dedicarsi quasi totalmente ai pazienti Covid-19, mentre è venuto a mancare chi si occupava di prevenire le infezioni batteriche. Così non si è fatto altro esporre a maggiore rischio proprio un genere di pazienti maggiormente esposti alle infezioni batteriche, per via di operazioni come la ventilazione che facilitano la trasmissione di patogeni.

«Oltre ad avere impatti devastanti per i milioni di persone che hanno preso il covid e i milioni di persone che sono morte a causa del Covid – continua il funzionario dei Cdc Arjun Srinivasan -, la pandemia di Covid ha avuto un impatto profondo e di vasta portata sulla sicurezza dei pazienti negli Stati Uniti. Uno degli effetti a catena della Covid… è rappresentato da queste infezioni resistenti agli antibiotici, infezioni molto difficili da trattare, in alcuni casi non curabili, con tassi di mortalità molto alti».

La antibiotico-resistenza non è solo un problema per i pazienti con un sistema immunitario già compromesso. Questa minaccia potrebbe riguardare chiunque si sottoponga a comuni interventi chirurgici. I giovani non sono dispensati. Per questo sarà importante in futuro, non solo scoraggiare l’uso ingiustificato di antibiotici, ma anche studiare nuove strategie per rispondere alle emergenze sanitarie tenendo conto della prevenzione, soprattutto negli ospedali e nelle RSA.

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