Perché Draghi si è dimesso e cosa è successo con Mattarella al Quirinale
«Per me questa esperienza è esaurita. Non ci sono le condizioni per andare avanti». E ancora: «Non avrei più l’agibilità politica per proseguire». Nei due colloqui al Quirinale Mario Draghi è stato chiarissimo con Sergio Mattarella sulla crisi di governo. Tanto chiaro che le dimissioni respinte dal Colle potrebbero cambiare poco o nulla: i suoi collaboratori sono già al lavoro per il discorso di mercoledì 20 luglio. Nel quale confermerà il rifiuto ad andare avanti in ogni caso. Dal Quirinale parlano di «totale identità di vedute» tra i due e di nessun contrasto con il presidente della Repubblica. I retroscena raccontano una storia diversa. E puntano sulla caduta definitiva mercoledì. Con le elezioni il 10 ottobre sullo sfondo.
La cronistoria
Prima di tutto la cronistoria. Il presidente della Repubblica riceve per la prima volta al Quirinale il presidente del Consiglio quando è ancora in corso la seconda chiama al Senato. L’agenzia di stampa Ansa parla di un colloquio «teso, a tratti anche ruvido». Le dimissioni il premier ce le ha già in tasca. E a Mattarella spiega che i ricatti e i distinguo della maggioranza di unità nazionale non possono continuare. Il primo colloquio è interlocutorio: il Senato intanto gli conferma la fiducia, la crisi di governo è extraparlamentare, il Cdm sconvocato viene riconvocato per le 18, quando le Borse sono chiuse.
Draghi prende la parola solo per leggere la dichiarazione che viene subito dopo diffusa alla stampa. Il patto di fiducia è venuto meno, dice ai ministri, non si può più continuare. Il tempo di ricevere un applauso e il premier lascia la sala della riunione. Intanto parte un battibecco tra il dem Andrea Orlando e il tecnico Cingolani. Per il secondo, il primo è stato troppo tenero con Conte e il M5s. Intanto il premier sale di nuovo al Colle e stavolta consegna le dimissioni. Che Mattarella respinge, anche nella speranza che alcuni giorni di ulteriore riflessione, anche da parte dei partiti, possano portare a un esito diverso che eviti la fine della legislatura. Una «cesura» chiara, e poi un Draghi bis, peraltro, era uno dei suggerimenti lanciati dal leader Iv Matteo Renzi, che aveva richiamato in Aula alla responsabilità non solo i partiti, ma anche il premier.
I retroscena
Fin qui la cronaca. I retroscena invece raccontano anche qualcos’altro. Il colloquio tra i due è teso e il rapporto ormai logorato, scrive il Fatto Quotidiano. Secondo fonti di governo Draghi avrebbe proposto a Mattarella Daniele Franco come suo successore, proprio mentre i giornali raccontavano dell’intramontabile Ipotesi Amato. Il rinvio alle Camere è una cortesia istituzionale che però potrebbe essere inutile. Visto che Draghi vorrebbe confermare le dimissioni e definirle “irrevocabili” nel suo discorso prima del voto. E La Stampa spiega che il problema, per Draghi, non è solo il M5s. Il fatto che Matteo Salvini abbia chiesto uno scostamento di bilancio pari a 50 miliardi viene visto come una provocazione. Draghi non vuole «mettere in gioco un’affidabilità, una reputazione» che si è costruito in questi anni.
E quando gli fanno sapere che il Movimento è pronto a sventolare “Il Papeete di Draghi” – ovvero proprio il titolo del Fatto Quotidiano di oggi – non si spaventa: «Dovevano pensarci prima», è il virgolettato riportato. Il capo del governo è «disgustato» dai «ripensamenti tardivi» e da «bizantinismi e alchimie». Dopo il viaggio in Algeria ci sarà quindi il vertice intergovernativo, che è confermato ma potrebbe essere condensato in una sola giornata. Quindi arriverà il definitivo showdown, scommettono tutti a Palazzo Chigi. Dopo le comunicazioni in Parlamento, il presidente del Consiglio dovrebbe annunciare di voler salire nuovamente al Quirinale per dimettersi. Bloccando così il voto parlamentare sul suo intervento. Poi toccherà a Mattarella decidere. Con le urne sullo sfondo.
La spinta a un ripensamento
Il quirinalista Marzio Breda sul Corriere della Sera entra ancora più nel dettaglio. E spiega che il primo colloquio è servito a Mattarella proprio per spingere Draghi a un ripensamento. «Capisco le difficoltà e comprendo le ragioni che mi hai elencato. La scelta è tua, ma ti invito a rifletterci su ancora. Dopotutto non sei stato sfiduciato. Le dimissioni mettiamole da parte fino a mercoledì. Pensaci. Poi vai in Parlamento a valutare la situazione, per doverosa trasparenza. Io spero che tu cambi idea», è il virgolettato attribuito al Capo dello Stato. Le parole di Draghi però non hanno lasciato molti spiragli: «Presidente, mi dimetto. Ma non per farmi riaffidare l’incarico. Lascio e basta. Definitivamente. Mi dispiace». E ancora: «Non ha senso che io insista a farmi logorare».
Storie tese nel M5s
Repubblica spiega che il percorso costruito da Mattarella per parlamentarizzare la crisi ha un chiaro sottotesto. Ovvero che si trova un accordo per riprendere da dove si è interrotto o si va al voto. Non si tratta solo di un messaggio implicito nella scelta del Quirinale di respingere le dimissioni e rimandare il premier alle Camere. Per il quotidiano Mattarella non vede come delle forze incapaci di riaggregarsi intorno a Draghi possano in pochi giorni trovare programmi e convinzione per farlo su una soluzione alternativa. E quindi chi si sfila deve sapere quali saranno le conseguenze.
Intanto l’agenzia di stampa AdnKronos parla di nervi tesi alla riunione del Consiglio nazionale M5S, durato quasi tre ore e aggiornato a oggi. Bocche cucite dai membri dell’organismo pentastellato, ma alcuni presenti raccontano all’agenzia di momenti di grande tensione. «Meglio dormirci su, sennò finisce male», taglia corto uno dei partecipanti lasciando l’incontro. Poche parole dal leader del Movimento Conte, che ha lasciato la sede di via di Campo Marzio inseguito dai cronisti: «Ci siamo confrontati e abbiamo preso atto delle dimissioni del presidente Draghi. Ha preso questa decisione e ne prendiamo atto. Ci aggiorniamo domani».
Foto copertina da: AdnKronos
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